Quest’anno avevamo tutt’altri progetti per le nostre vacanze. Sull’onda dell’entusiasmo del tour negli Stati Uniti dell’anno scorso (vedere nostro diario) avremmo voluto fare subito il bis, magari visitando un’altra zona, e già avevamo raccolto informazioni e buttato giù una bozza di itinerario. Ma i primi mesi del 2016 hanno portato brutte sorprese alla nostra famiglia. Mia madre ci ha lasciato dopo una lunga malattia e settimane di degenza. Pianificare un altro viaggio fai-da-te on the road come quello dell’anno precedente in un periodo di simili preoccupazioni sarebbe stata troppo dura. Così abbiamo preferito cambiare meta e optare per un viaggio organizzato e ci è venuto in mente il Madagascar, un sogno lasciato per anni nel cassetto in attesa di tempi migliori, soprattutto per le nostre finanze. Ma ahimè, certe mete con il passare degli anni non diventano certo più economiche, anzi. E così ci siamo tappati il naso e ci siamo detti: “Va be’, prima o poi è un viaggio che dobbiamo fare, tanto vale toglierci il pensiero”.
Scegliendo un viaggio organizzato da catalogo la meta era piuttosto scontata: Nosy Be, ovvero la zona turistica per eccellenza. Ma il Madagascar è un paese troppo grande e particolare per limitarsi a trascorrere 15 giorni chiusi in un villaggio su un’isoletta, per quanto bella sia. Tutti i documentari di viaggi visti in questi anni ci dicevano che la vera Africa era nella “Grande Terre”, l’isola grande del Madagascar. Soluzione? Abbinare un soggiorno di mare ad un tour nell’entroterra, il Tour del Nord, la scelta più logica per la vicinanza all’isola di Nosy Be.
Il pacchetto che abbiamo scelto è quello di Bravo Club (gruppo Alpitour) comprendente un soggiorno di 10 giorni al Bravo Andilana Beach Resort di Nosy Be (scelto solo ed esclusivamente perché sapevamo trovarsi sulla più bella spiaggia dell’isola) e il Tour del Nord di 5 giorni denominato “Tour Avaratra”. È solo di quest’ultimo che vorremmo parlarvi in questo diario, non tanto perché Nosy Be non ci sia piaciuta (isola bellissima così come quelle limitrofe, villaggio stupendo, niente da dire), ma perché il Tour del Nord è stato il fulcro e il motivo principale del nostro viaggio, la vera esperienza africana. In 5 giorni il tour toccava le seguenti tappe:
Nosy Be – Ankify – Anbilobe – Diego Suarez – Montagne d’Ambre – Montagna dei Francesi – Tsingy Rouge – Riserva dell’Ankarana – Tsingy Grigi – Ankify – Nosy Tanikely – Nosy Komba – Nosy Be
La prima cosa che abbiamo notato prima della partenza è stata la scarsa disponibilità di informazioni sul tour. Non solo non se ne parlava quasi per niente nei vari forum in rete, ma lo stesso tour operator non si è particolarmente prodigato in materiale informativo, a parte la scarna paginetta sul catalogo che ti descrive in 20 righe un viaggio che promette meraviglie trascurando le informazioni più essenziali: che tipo di bagaglio portare, che capi di abbigliamento, com’è il clima, quali sono le condizioni delle strade (lo sperimenteremo presto, ahimè!), che tipo di valuta viene accettata, se sia consigliabile portare con sé farmaci particolari. Niente di niente. Intanto acquistate il pacchetto (a scatola chiusa e a caro prezzo) e poi vedrete. È anche per questo che abbiamo deciso di scrivere questo diario, nella speranza che possa essere utile a qualcuno che come noi qualche mese fa brancolava alla cieca in cerca di lumi.
C’è da dire che due giorni prima dell’inizio del tour viene fatto un briefing presso il villaggio durante il quale si danno tutte le informazioni del caso e viene consegnato quel benedetto foglio con il bagaglio consigliato. Peccato che le valigie le abbiamo fatte a casa in Italia, 3 giorni fa. Avremmo tanto voluto sapere allora cosa portare! OK, niente panico. Cosa dice l’elenco? Magliette, pantaloncini, almeno un paio di pantaloni lunghi, scarpe comode, se possibile da trekking (eh? scarpe da trekking non pervenute, quelle da tennis andranno benissimo per forza). E poi ancora qualche capo caldo per la sera (una felpa può bastare? mah…), un impermeabile in caso di pioggia (addirittura?). L’anfiteatro in cui ci hanno convocato per il briefing inizia a rumoreggiare. E purtroppo comincia la trafila delle domande intelligenti: “Ma l’impermeabile è proprio indispensabile?” Be’, a volte nei parchi è capitato qualche improvviso acquazzone. Se dovesse succedere, ad esempio, in mezzo alla foresta non ci sono ripari. “E se io non ho l’impermeabile ma ho l’ombrello? Devo portarlo?” Signora, veda lei, se non vuole bagnarsi è meglio che lo porti. “E come si fa per i propri bisogni fisiologici?” Negli hotel e nei ristoranti previsti dal tour ci sono le toilettes naturalmente. “E per strada o nei parchi?” Be’, lì ovviamente dovremo adattarci a fare i nostri bisogni “nella natura” (in parole povere niente autogrill, siamo in Africa!).
Il responsabile del tour continua a ripeterci che questo è un viaggio che richiede un certo spirito di adattamento e un minimo di agilità (questo non c’era nel catalogo però eh…). Ed è proprio qui il bello: questi viaggi organizzati da tour operator blasonati sono sempre piuttosto costosi e di conseguenza i partecipanti il più delle volte sono o gente benestante con poco spirito di adattamento o ultrasessantenni tutt’altro che atletici che le scarpe da trekking le hanno viste solo in vetrina. E noi che siamo abituati a viaggi zaino-in-spalla e allenati a lunghe camminate e a condizioni meteorologiche estreme ci sentiremo spesso dei pesci fuor d’acqua in questa compagnia, nonostante paradossalmente siamo forse fra i pochi partecipanti veramente adatti.
Ma le sorprese non finiranno qui. E allora partiamo!
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