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Alor, viaggio alla ricerca dei tamburi Moko

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Arcipelago di Alor – informazioni

L’arcipelago di Alor è un gruppo d’isole del Nusa Tenggara Timur, situato tra il Mar di Flores e quello di Sawoe, Alor è l’isola più grande, le altre sono Pantar Kepa Buaya Ternate (non la ternate delle Molucche!) Pura e Tereweng.

Siamo nell’Indonesia più estrema e meno nota, lontana dalle rotte turistiche, si spingono fin qua solo gli appassionati di subacquea che in queste zone trovano veri e propri paradisi incontaminati.

Alla ricerca dei Tamburi Moko

Da Bali con un volo Lion Air raggiungo Kupang, capoluogo di Timor Ovest.

Passo a Kupang solo una giornata, giusto il tempo per dare uno sguardo al suo coloratissimo mercato del pesce che si tiene lungomare.

Sarebbe bello dedicare qualche giorno a un tour tra i villaggi di quest’Isola, purtroppo questa volta non riesco mi riprometto di farlo in un’altra occasione.

Il mattino dopo un bielica della Wind Air con un breve volo panoramico mi porta verso la mia destinazione finale, Alor.

Il minuscolo aeroporto di Mali si trova nella punta estrema, subito dopo la bella isoletta di Sika, circondata da una bassa laguna turchese e con una lunga striscia di bianca sabbia affiorante.

Alor ha una forma molto particolare, due isole quasi parallele, kecil e Besar unite da un istmo che forma un ampio fiordo dove sorge la capitale Kalabahi.

Kepa piccolo segreto

Kepa – Alor

Kepa è uno di quei piccoli meravigliosi segreti che tanto amo scoprire in questo paese, poche casette di pescatori, gente sorridente, un paio di semplici homestay, nessun servizio turistico.

La nostra homestay il Marangi Kepa ha quattro capanne di legno e paglia che si affacciano sullo stretto canale che separa l’isoletta da kecil.

Dalla camera si ammira la trasparenza del mare, che degrada immediatamente in blu inchiostro, dove una fortissima corrente crea vortici e mulinelli tanto da sembrare un torrente in piena.

Immancabile l’appuntamento giornaliero con branchi di delfini che saltano seguendo la corrente.

La camera è basica ma pulita e ordinata, il bagno all’aperto ha la doccia di acqua desalinizzata, per caricare le batterie e i cellulari c’è un piccolo generatore che viene accesso dalle 18.00 alle 20.00.

Kepa è minuscola con baie perfette di sabbia candida e incontaminate, talmente belle e solitarie da non sembrare reali ma è il mondo d’acqua che la circonda la sua cosa più preziosa, un tripudio di colori accesi e splendenti brulicanti di vita .

Alor, il sorriso della gente.

Alor per le strade

Da Kepa parto a malincuore, cosciente che angoli di mondo come questo sono sempre più rari, la barchetta mi riporta nella terraferma se cosi si può definire una scheggia d’isola persa nell’oceano, Alor kecil.

La prima tappa è a sud, dove soggiorno nell’unica struttura esistente, un bungalow statale con servizi indonesiani, ma che ha la fortuna di affacciarsi su una bella baia.

Poco importa se i pasti sono inqualificabili e se lavarsi nel mandi, non sia proprio la cosa più comoda della terra.

La posizione è perfetta invece per fare escursioni in scooter.La strada che percorre la litoranea di nord ovest è stretta ma quasi tutta asfaltata, a tratti diventa più accidentata.

Percorrendo questo tratto di strada, Alor ti conquista subito, orti e campi, tratti di mangrovie, piccoli villaggi, saline rudimentali, e il suo meraviglioso mare.Arriviamo fino a Kokar, un angolo di mondo antico, da lì la strada prosegue nell’interno inerpicandosi sulle colline per poi sbucare a pasir putih.

Bellissimo passare il tempo guardando i pescatori, scambiare gesti sorrisi e parole con la gente dei villaggi, scattare foto ai bimbi che ti scorrazzano incontro ridendo.

Il nulla intorno, solo il sorriso della gente e tu che ti chiedi stupito, perché ti senti come se fossi di fronte alla più grande opera d’arte mai vista …

Emozioni che rimangono nella mente, indelebili e che nessuno potrà mai cancellare.

La meta iniziale è la minuscola isola di Kepa che raggiungo con 1 ora di auto e pochissimi minuti di barchetta locale.

Bampalola

Era vicino, mi era parso di aver visto un cartello che ne indicava l’ingresso, ma dopo aver imboccato una stradina nell’interno, ci siamo persi.

Anche se non sono riuscita a visitarlo, scrivo quel poco che so di questo villaggio:

Le sue case tradizionali sono chiamate laka tuil.

La storia narra che qui sia arrivato l’islam, poi sparsosi tra le isole, grazie ad una coppia di figure semi-mitiche “scese dal vulcano”.

Takpala

Questo villaggio arroccato su una collina vista mare, è costituito da quindici case tradizionali, chiamate Rumah Lopo, costruite in bambù e con il tetto in foglie di palma alang alang.

Tredici di queste case sono le kolwat, non hanno pareti e sono costruite su quattro piani, quell’inferiore serve per cucinare e per riposare, gli altri piani servono per stivare i prodotti alimentari come mais e riso.

Sono salita tramite una scaletta traballante fino al piano più alto di una di queste abitazioni, dove la proprietaria mi hanno mostrato il suo tesoro, una coppia di antichi e bellissimi tamburi moko.

Le altre due abitazioni, chiamate kanuarwat, sono tabù e solo alcune persone possono entrarci.

Hanno le pareti di palma intrecciata e un ornamento particolare sul tetto che benedice e protegge il villaggio.

Una volta il popolo Abui faceva affidamento solo sulla foresta per soddisfare le proprie necessità quotidiane, raccogliendo cereali e semi, che oggi sono usati anche per creare piccoli souvenir da vendere ai pochi turisti che arrivano fin qua.

Il villaggio a mio parere, ha perso un po’ della sua autenticità, ma lo stile di vita di questa gente è ancora molto interessante sotto il profilo antropologico.

Kalabahi

Kalabahi mi è piaciuta, inaspettatamente pulita e ordinata, con uno splendido colorato mercato da dove non sarei più venuta via.

I bemo dai colori sgargianti decorati da serigrafie “modaiole “ interno in pelliccetta rosa flou, collane di cuori con scritto love, e casse acustiche degne di una discoteca.

La gente dalle fattezze Papuasiche con capelli ricci e crespi dalle sfumature rossicce, che ti osserva con curiosità con il sorriso di rosso betel che masticano quasi incessantemente.

Ci siamo sentiti importanti nel visitare Il minuscolo e ordinato museo dei 1.000 moko, tutti cercavano di darci indicazioni e mostrarci le cose più interessanti da vedere.

I moko sono tamburi di bronzo, alcuni dei quali molto antichi e pregiati, sembra provengano dal Vietnam, arrivati nell’arcipelago come merce di scambio nel commercio del legno di sandalo, ancora oggi in queste isole i Moko sono parte essenziale della dote di una sposa.

Degna di nota la spiaggia di Maimol, la piccola isola di Sika dove è facile avvistare i Dugongo.

E infine quella che io ho definito la baia perfetta! Pasir Putih alla quale si arriva dopo più di un’ora attraversando piccoli villaggi.

Deserta incontaminata e splendida nel suo essere selvaggio.

Mi avevano detto che non avrei trovato nulla di interessante ad Alor.

Dipende da quello che uno va cercando… io ho trovato tanto, meravigliosa Alor.

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