Sono andata in Canada per migliorare il mio inglese e mi sono quindi iscritta ad un corso di 4 settimane presso la scuola internazionale “ILSC”. È un diario di viaggio sicuramente troppo lungo, ma sono stata a Toronto – e dintorni – per un mese e quindi ci tengo a raccontare la mia esperienza così com’è stata realmente. Do molte indicazioni turistiche, specialmente su come muoversi per la città e su cosa vedere, oltre ovviamente al dove mangiare. Spero godiate la lettura e, per qualsiasi domanda, non esitate a chiedere nei commenti!
22/02 – Per la prima volta da sola, terrorizzata e stravolta dal viaggio, ho preferito prendere un taxi e non avventurarmi su treni e metropolitane con una valigia più grande di me e altri bagagli. Ho notato subito, come già avevo letto online, il traffico che ostruisce le strade e le macchine che si infilano ovunque. Fortunatamente impieghiamo circa 50 minuti per arrivare a Danforth, quartiere più a nord-est di Downtown e mi chiede 65 dollari: ho scoperto che i taxi vanno a zone e non a tempo, mi sembra un buon ragionamento visto che il traffico sempre presente nell’arco della giornata.
L’appartamento di Harrington Housing (agenzia che gestisce camere per studenti da tutto il mondo) è al diciannovesimo piano e ha una meravigliosa vista sullo skyline di cui mi innamoro istantaneamente. Scopro di essere in casa con altre due ragazze molto simpatiche (Ekin dalla Turchia e Hailey dalla Cina) e che presto ne arriverà una terza. Ognuna ha la propria camera: pulita, spaziosa, accessoriata. Comincio a sistemarmi e, dopo aver chiacchierato un po’ con le altre, crollo a causa del jet lag.
23/02 – Sveglia alle 5 e mezza del mattino (che gioia!) tra fuso orario, rumori della città a cui non sono abituata e luci del mattino che oltrepassano le tende. Mi rigiro nel letto e dormicchio per un altro paio d’ore, poi trovo la forza di alzarmi e vado a fare colazione (con brioches gentilmente offerte dalle mie coinquiline, visto che non ho avuto il tempo di fare la spesa). Finisco di svuotare la valigia e sparpagliare le mie cose per l’appartamento e per le 10 sono pronta ad uscire e affrontare la città e il freddo.
Forse non così pronta. Fa un freddo davvero pazzesco! Con le lacrime agli occhi e il naso anestetizzato entro nella stazione della metro di Main Street (linea verde) con tutta l’intenzione di cambiare linea a St. George e scendere a St. Patrick (linea gialla), ma hanno chiuso quel pezzo di binari per lavori per tutto il weekend, quindi scendo a St. George dopo una ventina di minuti e mi tocca farla a piedi. Fortunatamente è una giornata soleggiata e la passeggiata è piacevole, in città il vento sembra essersi placato. Attraverso il campus universitario che vale la pena di vedere visto che sembra di essere in un film di Harry Potter e riesco ad entrare a curiosare anche in un paio di edifici storici. Dopo una decina di minuti arrivo ad una delle tappe che mi ero prefissata: Thomas Fisher Rare Book Library che, ovviamente, è chiusa. Faccio ugualmente un giro nel resto della biblioteca e mi prometto di tornare in un giorno in settimana. L’architettura e gli interni sono particolari con un forte contrasto tra cemento e legno.
Continuo a camminare per circa un chilometro e mezzo lungo la via e arrivo all’Art Gallery of Ontario. Entro e, dopo una breve fila, ottengo i biglietti per la mostra temporanea e per quella permanente: 16,50 $ essendo studentessa. Mi innamoro a prima vista della scala progettata da Frank Gehry e decido di salirci subito. Comincio quindi ad ammirare diverse opere di arte contemporanea negli ultimi piani e poi scendo fino al secondo piano per la mostra temporanea sull’impressionismo. Nel resto del museo trovo poche persone, qui, invece, non si riesce quasi ad avvicinarsi ad alcune opere perché ci sono davvero troppi turisti. Rimango comunque contenta perché posso vedere alcuni quadri europei che sono però sparsi per l’America e ora riuniti qui. Continuo il mio giro del museo con arte africana, inuit e canadese. Alcuni quadri degli indigeni americani catturano la mia attenzione per la cura dei dettagli dei paesaggi. Mentre esco dalla galleria mi rendo conto che sono tranquillamente trascorse un paio d’ore di visita e comincio a sentire una leggera fame. Decido di entrare anche nella chiesa cattolica di St. Patrick lì vicino, ma, sarò sincera, non ha nulla di così speciale rispetto alle nostre meravigliose chiese europee. Arrivo finalmente in Downtown e, passando dal Churchill Memorial, mi ritrovo nella bellissima Nathan Phillips Square con la Toronto sign, la pista di pattinaggio, la bandiera canadese e i due municipi (nuovo e vecchio). Faccio qualche foto, rimango a guardare le persone che pattinano e poi decido di prendere Bay street cercando un posticino in cui fermarmi a pranzare. Purtroppo non trovo nulla di aperto e nemmeno persone lungo la strada, inoltre il vento è tornato e comincio a sentirmi affamata ed infreddolita. Passo davanti al Bay Adelaide Centre in cui hanno girato “Suits” (una serie tv che amo) e continuo a camminare senza trovare nemmeno un Mc Donalds aperto. Trovo un ingresso per il famoso Path (percorso sotterraneo), ma anche qui nulla. Inizio ad abbattermi e decido di tornare a casa prendendo la metro da Union square. Ed è qui, finalmente, che trovo ristoranti, turisti, persone, vita! Mi fermo da Union Chicken e mangio un’enorme e buonissima insalata con straccetti di pollo accompagnata da una Coca-Cola. Assomiglia tanto alla felicità. Pago 25$ per tutto e, anche se avevo in mente di vedere altre cose, comincio a sentire la stanchezza dei 10 chilometri di camminata, del freddo e del sonno. Prendo la metro e torno a Danforth. Prima di tornare a casa devo fare un po’ di spesa, quindi mi fermo da Sobeys (aperto 24h) dove incontro una signora afroamericana che illumina la mia giornata con un paio di battute. Hanno ragione quelli che dicono che in Canada sono tutti gentili!
Finisco la giornata chiacchierando con le mie coinquiline e mangiando un sano piatto di pasta al pomodoro.
24/02 – Dormo male a causa della pioggia e del vento che non mi hanno lasciato tregua tutta notte e mi sveglio ancora troppo presto. Rimango in uno stato di dormiveglia fino alle 9. Scopro che è previsto brutto tempo e freddo per tutta la settimana, la coordinatrice delle camere mi avvisa che devo sloggiare il primo di marzo e che se non voglio andarmene devo parlarne con la scuola il lunedì. Insomma, non poteva partire peggio questa giornata. Decido di affrontare tutto questo con tre fantastici mini muffin con gocce di cioccolato. Fuori il maltempo non migliora e passo la giornata in casa. Intorno alle 17 arriva la nuova coinquilina, arriva dalla Spagna ed è iscritta nella mia stessa scuola. Decido di cucinare una carbonara per tutte per ritrovare quel calore delle cene in famiglia e… funziona! La serata è piacevole, assaggio anche dei dolci cinesi che Hailey ha comprato e vado a letto serena.
25/02 – Primo giorno di scuola, che emozione! Io e Ane (la ragazza spagnola) prendiamo la metro e in poco meno di mezzora siamo alla nostra fermata di St. Patrick. Abbiamo un “esame” di orientamento per organizzare le classi in base al livello di inglese, ci spiegano i programmi e le regole, le attività e i tour. La prima impressione è che la scuola è davvero ben organizzata, concentrata sugli studenti e su come possono realmente migliorare il loro inglese e quindi rimango entusiasta dalla mattinata, ma soprattutto per le varie attività proposte a prezzi vantaggiosi. Decidiamo subito di prenotare per le Niagara Falls del sabato (59$) e prendiamo anche i biglietti scontati per la partita di NBA dei Raptors contro i New York Knicks del 18 marzo (40$). Super eccitate per aver prenotato, decidiamo di andare anche a New York con la scuola, ma aspettiamo a prendere i biglietti. Usciamo per l’orario di pranzo, Ane ha bisogno di comprare una sim e quindi andiamo verso la fermata di Dundas a piedi per raggiungere un centro commerciale lì vicino. Il vento è forte e nevica, ma essendo ben coperte non abbiamo problemi. Uscite dal centro ci accorgiamo che siamo vicine alla Church of the Holy Trinity quindi decidiamo di entrare. Anche questa chiesa non mi entusiasma e usciamo in pochi minuti trovando poi l’ingresso per il famoso Eaton Centre, uno dei più grandi centri commerciali di Toronto. Pranziamo con hamburger e patatine, poi ci copriamo nuovamente e raggiungiamo a piedi la Yonge-Dundas Square, ovvero una bella piazza che mi ricorda molto Piccadilly Circus di Londra con i suoi enormi schermi, cartelloni pubblicitari e luci colorate. Facciamo qualche foto, è uscito un timido sole e senza vento si sta quasi bene, poi prendiamo la metro comprando finalmente la Presto Card per poter prendere tutti i mezzi di Toronto senza problemi. Prima di tornare a casa andiamo da Sobeys e facciamo un po’ di spesa. Stanche, ma felici, rientriamo in appartamento.
26/02 – Oggi cominciano le vere lezioni. Io e Ane seguiamo corsi diversi, quindi ci salutiamo e io raggiungo a piedi un altro edificio della scuola. Il mio insegnante è particolarmente simpatico e le lezioni vengono svolte in modo divertente, leggero. Bello! La lezione del mattino passa in fretta, pranzo con Ane e poi vado al corso pomeridiano che è principalmente speaking, l’insegnante sceglie un argomento e se ne discute a gruppi. Non male. Alle 2 e mezza finisce la lezione e, visto che fuori fa freddo ma non è poi così brutto il tempo, decido di andare a vedere qualcosa in città, ovviamente accompagnata dalla mia nuova amica spagnola. Poco distante dalla scuola si trova la poco nota Half House che, però, spopola su Instagram. Si trova al 54 di St. Patrick Street e non si può definire una vera e propria attrazione turistica, ma è sicuramente strana e particolare. Merita una visita, anche solo per una foto alla sua facciata inspiegabilmente lasciata a metà. Passando nuovamente da Nathan Phillips Square che Ane non aveva ancora visto, raggiungiamo poi il Toronto Dominion Centre dove si trova la Gallery of Inuit Art. È una galleria gratuita e non è neanche così tanto rifornita di opere, ma è sicuramente interessante per scoprire qualcosa sulla cultura dei nativi. Usciamo su Front st. e proseguiamo a piedi lungo la via, passando per la Hockey Hall of Fame e raggiungendo altri due famosi-ma-non-troppo luoghi di Toronto: il dolcissimo Berczy Park con la sua fontana piena di statue di cani e il Gooderham Building, edificio ad angolo mooolto sottile. Facciamo un po’ di foto e poi entriamo nel St. Lawrence Market dove posso comprare qualche souvenir, tra cui il buonissimo Marple Syrup. Decidiamo di tornare a casa che i piedi cominciano a far male e siamo stanche, magari ancora colpa del jet lag?
27/02 – Mi sveglio intorno alle 6.45 e mi preparo. Comincia ad assomigliare ad una routine. Vado a lezione e alle 2 e mezza, come ieri, sono libera di fare quello che mi pare e piace. Infatti oggi c’è una bufera di neve ed è quasi impossibile muoversi per la città. Perfetto. Io e Ane decidiamo di tornare a casa per cominciare a preparare i bagagli con calma visto che dobbiamo ufficialmente trasferirci al settimo piano il primo di marzo. Non siamo felici di doverci spostare e probabilmente perdere la nostra amata vista sulla città, ma la consolazione è che avremo un appartamento più grande. In Main Street ci fermiamo solo per fare l’abbonamento mensile della metro che costa esageratamente troppo (146,25$) e poi troviamo riparo a casa. Fuori è tutto bianco, non si vede nulla oltre un centinaio di metri e la neve sulle strade continua a peggiorare. Domani abbiamo in programma di andare a vedere il light festival con la scuola nel pomeriggio, speriamo che il tempo migliori.
28/02 – Il meteo a Toronto è davvero particolare: un giorno fa freddo e c’è la bufera di neve che ti reclude in casa, quello dopo fa ancora più freddo, ma c’è il sole e si sta bene se si è ben coperti. Dopo scuola dobbiamo aspettare altre due ore prima di incontrare il professore che ci accompagnerà al light festival, quindi decidiamo di andare dal famosissimo (per i canadesi) Tim Hortons a prendere qualcosa di caldo. Col mio buonissimo thè verde e un muffin ai mirtilli, torniamo nella sala comune della scuola e notiamo che si sta già formando un piccolo gruppo di persone interessate alla gita. Alcuni sono mie compagni di classe, altri sono della classe di Ane e quindi si va a creare la nostra nuova cerchia di 8 persone con cui passiamo il resto del pomeriggio. Quando arriva l’insegnante partiamo tutti insieme alla volta del Distillery District: dobbiamo prendere la metro fino a King Station (linea gialla) e poi il tram 504A fino all’ultima fermata, proprio davanti al cancello di ingresso. Da subito il quartiere ci attira con i suoi vicoli, i mattoni rossi e gli edifici storici. C’è ancora la luce del sole quindi abbiamo pensato di bere una birra aspettando la sera, in modo da goderci le luci del festival al meglio. Ci sediamo all’interno del Mill Street Pub: il locale è davvero enorme e con tanti posti a sedere, è ben ristrutturato in modo abbastanza moderno: piacevole e accogliente. Vi è una buona offerta di birre e trascorriamo qui un’oretta, perdendo le tracce dell’insegnante. Quando usciamo è buio e cominciamo a girare per le esibizioni luminose, facendo molte foto. Devo dire che mi è piaciuto in generale, alcune cose più di altre, ma ammetto che il festival non è poi nulla di speciale se non per qualche particolare attrazione.
01/03 – È venerdì e le lezioni oggi finiscono a mezzogiorno, anche oggi siamo graziate dal sole e comincio pian piano ad innamorarmi della città e delle sue persone. Purtroppo oggi dobbiamo trasferirci in altre camere, quindi torniamo a casa per pranzo e poi spostiamo tutte le nostre cose nel nuovo appartamento. La camera mi sembra un pochino più piccola e la mia amata vista sulla città è persa, ma la mia stanza è meno esposta ad intemperie e alla luce del mattino, quindi mi consola sapere che magari riesco a dormire meglio! Ane è nell’altra stanza e poi c’è solo un’altra camera occupata da una ragazza coreana, Ellina. Quest’ultima ha una particolare ossessione per le sue cose e troviamo il suo nome su ogni suo oggetto/cibo in casa. Questa cosa ci fa sorridere, ma poi organizza un pranzo con delle amiche e cucinano riempiendo la casa di spezie e barbecue, quindi io e Ane “fuggiamo” all’esterno per goderci un po’ la bella giornata. Passeggiamo nei dintorni della casa, scoprendo alcuni piccoli negozi e ristorantini, facciamo la spesa e poi torniamo a casa.
02/03 – Sveglia presto, oggi si va in gita! Alle 9 il bus ci aspetta all’uscita della fermata Museum della metro. ISX è l’agenzia che organizza questi viaggi e sono parecchio ben organizzati, la nostra guida è molto simpatica e si fa chiamare Shakira. Prima fermata: Konzelmann estate winery. Ho sentito molto parlare di questo ice wine e in tanti mi hanno decantato la sua dolcezza, quindi quando Shakira chiede 5$ per partecipare al tour della cantina e per assaggiare il vino sono molto incuriosita. Sta cominciando a nevicare, ma non la solita bufera, è una di quelle nevicate così soffici e belle che sembra di essere in una pallina di vetro. I fiocchi sembrano disegnati dai bambini. Per prima cosa ci fanno assaggiare i loro quattro vini: un pinot grigio (abbastanza classico per noi italiani), un pinot nero (stessa reazione), un peachwine (molto dolce, retrogusto di pesca e anche se normalmente non amo i vini dolci questo mi piace molto) e, infine, un vidal (la loro specialità che però a me non piace, ha il 30% di zucchero, troppo dolce). Poi ci fanno fare un veloce giro della cantina, nella sala di produzione e fermentazione, la guida ci racconta della loro storia, della vigna e della lavorazione. In conclusione ci lasciano del tempo per esplorare dove vogliamo e per andare nel loro negozio, dove ho deciso di comprare un peachwine.
Seconda tappa del tour è Niagara-on-the-lake, una piccola cittadina che sembra ferma nel passato. Tanti ristorantini, caffetterie e negozi. Decidiamo di pranzare qui e vedendo la quantità di neve che sta venendo giù non ci spingiamo fino al lago, ma rimaniamo nella via principale. Mangiamo al Sunset Grill, una di quelle taverne che sembrano uscite da un film americano degli anni novanta. Fanno pancakes, uova e bacon, sandwiches tutto il giorno. Opto per un sandwich con bacon, uova e ceddar accompagnato da patate al forno. È veramente ottimo e la cameriera è molto gentile, oltre al fatto che alla fine paghiamo un prezzo irrisorio rispetto a quanto abbiamo mangiato.
Penultima tappa sono ovviamente l’attrazione principale: le famosissime Niagara Falls. Posso cominciare dicendo che mi hanno lasciata realmente senza parole, come incantata dalla loro grandezza e dal rumore che producono. Dal lato canadese si può raggiungere in una ventina di minuti la sponda da dove partono le cascate ed è veramente speciale. Innevate e ghiacciate fanno un’atmosfera che non si può raccontare. È uno di quei posti che va visto una volta nella vita. Abbiamo un paio d’ore libere per girare, fare foto e goderci le cascate.
In conclusione del tour ci portano in un grosso outlet per fare shopping, si chiama Outlet Collection e non mi è sembrata la conclusione migliore per una gita di questo genere. Abbiamo outlet anche in Italia e, a parte poche cose realmente convenienti, il resto ha lo stesso prezzo che potrei trovare a casa. Il tour ci da un ulteriore sconto del 25% che per una scusa o per l’altra nessun negozio accetta. Io non ho comprato nulla, Ane sì. Ugualmente felice per la giornata e per le cose viste, sonnecchio un po’ sul pullman. Grazie ISX per questa meravigliosa esperienza!
03/03 – La nostra nuova housemate coreana ha deciso di farmi passare una notte terribile andando contro ogni regola possibile e presentandosi quasi a mezzanotte totalmente ubriaca con un’amica svenuta e altri 4 o 5 ragazzi coreani che hanno fatto un casino incommentabile. All’alba dell’una e mezza chiedo cortesemente di smetterla di fare casino e vengo totalmente ignorata. Alle 2 e mezza, per la gioia di noi europee, se ne vanno. Io sono verde dalla rabbia, Ane terrorizzata dagli sconosciuti in casa (non possiamo chiudere a chiave le nostre stanze). Ellina ha la cortezza di non farsi vedere per tutta la giornata, probabilmente vergognandosi da morire per il suo comportamento irrispettoso nei nostri confronti. Contattata ugualmente la coordinatrice perché vogliamo evitare qualsiasi altra situazione del genere, riesco a calmarmi solo dopo varie ore. Passo la giornata in casa a lavorare al pc, fuori il vento è terribilmente gelido e sono talmente stanca che ho solo voglia di dormire. Io e Ane ceniamo insieme, intanto Ellina sgattaiola fuori dall’appartamento evitandoci e questa cosa forse ci fa arrabbiare ancora di più perché pretendiamo delle scuse. Post-it per la vita: non è sempre facile vivere con delle coinquiline.
04/03 – La coordinatrice ci avvisa che nel pomeriggio passerà per rispiegare nuovamente le regole a tutte perché è inaccettabile un comportamento del genere da parte di qualsiasi inquilina e che è meglio risolvere subito la questione perché se interviene la scuola potrebbero esserci guai seri. Quindi appena finite le lezioni ci fermiamo solo a comprare un paio di cose e poi torniamo a casa. Dopo la chiacchierata con la coordinatrice, rimaniamo solo noi tre e riceviamo quelle che sembrano delle vere scuse. Finalmente. Rasserenata quindi l’atmosfera casalinga, decido di provare una nuova esperienza con l’aiuto di Ane: fare il bucato in una lavanderia che non conosco e senza i consigli di mamma. Incredibilmente i nostri vestiti sopravvivono e sono ancora della taglia giusta! Per concludere la giornata ceniamo con Ekin, passiamo una bella serata e poi a nanna sotto quintali di coperte.
05/03 – Dopo scuola incontriamo il nostro gruppo di amici e decidiamo di andare tutti insieme a fare una passeggiata sul lungolago. Prendiamo la metro fino ad Union Station e poi proseguiamo a piedi per qualche minuto. Raggiungiamo l’Harbour Square Park con la sua Water’s Edge Promenade che ci permette di avere una meravigliosa vista sulle isole di Toronto e sul tramonto dietro i grattacieli. Nonostante il venticello freddo ci godiamo la passeggiata e poi proseguiamo lungo il lago per raggiungere la Power Plant Contemporary Art che, però, ha chiuso pochi minuti prima. Andiamo allora all’Harbour Centre con la sua pista di pattinaggio, meno conosciuta rispetto a quella in Nathan Philips Square, ma forse più piacevole con la vista lago e decidiamo di entrare a vedere la galleria Craft&Design Studio, dove abbiamo la possibilità di osservare due ragazzi lavorare il vetro. Continuando la passeggiata troviamo un posto carino chiamato Amsterdam BrewHouse e decidiamo di concederci una piccola pausa dal freddo e prenderci una birra. Quando entriamo ci rendiamo conto che è davvero enorme e gli interni sono bellissimi, ci sono poi tantissimi schermi per vedere lo sport. Ci fanno accomodare immediatamente, alcuni ordinano dei cocktail, io e altri amici decidiamo di fare la “degustazione” di 4 birre speciali per soli 9$. Alcune non mi hanno entusiasmata, troppo dolci (quasi una bibita), ma altre sono davvero ottime. Dopo aver condiviso un paio di piatti di patate fritte, ci viene fame e ordiniamo la cena. Io ho preso un hamburger “Ontario Brisket Burger” con le patatine fritte. Usciamo dal locale sazi e ci salutiamo alla stazione della metro.
06/03 – In tanti ci hanno parlato del fantastico shopping da Winners, imperdibile quando ci si trova in Canada e soprattutto dove si trovano offerte pazzesche. Sarà, ma io dopo due minuti nel negozio sono uscita. Ho trovato offerte migliori da Dollarama, catena di negozi che vendono di tutto a prezzi irrisori. Torniamo a casa presto, sono veramente stanca e ho solo voglia di buttarmi nel letto. Dopo cena passiamo a salutare Ekin e Hailey e rallegriamo la serata con una buona decina di minuti a ridere senza nessun motivo particolare, ma che ci fa andare a letto contente. Ane ha detto una cosa oggi che mi ha scaldato il cuore: “you are my family here”.
07/03 – Il mio insegnante, Steve, oggi ci accenna una cosa che mi incuriosa molto: il Falls View Casino vicino alle Niagara Falls pare organizzi bus da Toronto che con soli 25$ ti portano lì e ti riportano a casa. Ho tutta l’intenzione di informarmi meglio perché se trovo il tempo di tornare e passare un’altra giornata alle cascate ne sarei veramente felice. Alle 14.30 mi trovo con alcune ragazze del gruppo interessate come me al meraviglioso mondo dei libri e delle librerie e andiamo tutte insieme a vedere la Thomas Fisher Rare Book Library che avevo trovato chiusa il mio primo giorno. Come immaginavo, è subito amore. Sei piani di libri in uno spazio moderno a tutta altezza. Odore di libri antichi che ti teletrasportano nella loro magia. Non ho voluto lasciare giacca e zaino negli armadietti per poter salire sui piani più alti e siamo rimaste al piano accessibile a tutti dove ho ammirato a bocca aperta quell’enorme collezione di libri rari. Ci sono dei libri aperti nelle teche vicino al piano accessibile che si possono guardare e sono tendenzialmente legati alla scienza e alla natura, alcuni scritti a mano. C’è anche un bellissimo libro di fiabe e con dei tablet ci si può informare sui libri esposti. Un luogo da non perdere.
08/03 – Mi sveglio con la consapevolezza che in serata prenderò il bus e andrò a New York: uno dei miei sogni più grandi. Penso a tutte le possibili cose che possono succedere e fermarmi sulla strada, vivo l’intera giornata in uno stato di agitazione. Ane e io abbiamo bisogno di comprare un paio di cose per il nostro viaggio e quindi decidiamo di andare all’Eaton Centre nel pomeriggio, ovviamente alcune ragazze si aggregano. Per pranzo decidiamo di provare qualcosa di veramente tradizionale in Canada, senza scadere nel solito burger. Andiamo nel ristorante The Senator, vicino a Yonge-Dundas Square. Il locale è molto carino, storico e accogliente. C’è una gigantografia pubblicitaria della Coca-Cola che è spettacolare. I piatti sono molto buoni e carichi, abbiamo dovuto avanzare perché era davvero troppo e, infine, i prezzi sono onesti, sulla ventina di dollari a piatto, ma vista la grandezza ne vale la pena! Finito lo shopping pomeridiano torniamo a casa e chiudiamo i trolley, mangiamo presto e poi riprendiamo la metro per arrivare alla fermata Museum, meeting-point per il bus. Alle 21 precise si parte con nessun ritardatario. La nostra guida si chiama Philippe, è francese ed è stato a New York svariate volte, quindi siamo in buone mani. Dopo poco meno di due ore siamo al confine americano, scendiamo tutti dal bus per ottenere i nostri timbri sul passaporto e poi continuiamo il viaggio dormendo o, almeno, provandoci.
09/03 – Apro gli occhi con l’alba, il cielo è rosa e arancione, poco lontano da me vedo lo skyline di New York. Oh mio Dio. Sono così emozionata che vorrei piangere. Arriviamo in hotel, al Courtyard by Marriott Manhattan/Chelsea e ci lasciano un’oretta per rinfrescarci, poi colazione. Conosciamo le nostre due compagne di camera (due letti alla francese nella stessa camera) e poi Philippe ci spiega le “regole” per questi 3 giorni: siamo liberi di fare quello che vogliamo, ma se seguiamo il tour organizzato bisogna essere puntuali e sono previste alcune attrazioni a pagamento con il tour, sono parecchio scontate e si paga solo cash. Il sole ci riscalda dopo settimane fredde canadesi e si preannuncia una buona giornata, non potevo chiedere di meglio!
Prima tappa del tour è il Rockefeller Centre che raggiungiamo a piedi dopo una ventina di minuti. A scelta si può pagare 30$ per salire in cima al Top of the Rock e, ovviamente, non ci tiriamo indietro. Mentre Philippe ritira i biglietti, abbiamo del tempo libero per vedere la zona. Camminiamo per un centinaio di metri ed entriamo nella famosa St. Patrick’s Cathedral che è maestosa nella sua semplicità. C’è una meravigliosa scultura della Madonna con Cristo ai piedi e una parete decorata a mosaico che attirano l’attenzione. Interessanti anche le vetrate. Uscite dalla cattedrale torniamo alla Rockefeller Plaza e scattiamo qualche foto davanti alla pista di pattinaggio e dentro ai meravigliosi edifici in stile art decò. È ora di salire in cima, quindi ci addentriamo alla base di uno dei palazzi più alti della città, evitiamo la fila per fare la finta foto a pagamento sulla barra di acciaio e andiamo dirette agli ascensori. Dobbiamo aspettare solo un attimo e poi comincia la salita. In circa 40 secondi siamo in cima, leggermente destabilizzate dalla velocità, ma emozionate. Ci si può spostare su tre livelli differenti, una prima parte al chiuso, fino alla cima più estrema senza vetrate, dove la vista è un incanto. La giornata è perfetta, cielo limpido e la vista è pulita. Riesco ad avvistare anche la Statua della Libertà. È un’emozione indescrivibile, una felicità che non si può spiegare a parole. Dopo un miliardo di foto e dopo esserci prese il nostro tempo per immortalare tutto nella nostra mente, scendiamo e ritroviamo il nostro gruppo. Si cammina lungo 5th Avenue alla volta di Grand Central Station. Qui, il primo pensiero che attraversa il mio cervello è: “è proprio come nei film!”. Un soffitto alto, enorme, colorato e un edificio che lascia senza parole. Persone che corrono a destra e a sinistra, persino la voce dell’altoparlante mi sembra familiare. Dopo una decina di minuti ci spostiamo alla New York Public Library che voglio assolutamente vedere da quando è uscito il film “The day after tomorrow”. Vi sembrerà stupido, ma è eccitante vedere posti che hai ammirato solo sullo schermo. Qui ci separiamo dal gruppo perché il tour prevede di andare direttamente a Times Square, ma io ed Ane vogliamo vedere l’interno della biblioteca e, essendoci il sole e sapendo che il giorno successivo è prevista pioggia, vogliamo andare prima a Central Park. Entriamo nella biblioteca e già nella hall rimango a bocca aperta guardando il soffitto. È maestosa. Raggiungiamo le sale di lettura accessibili ai visitatori e ci innamoriamo sia degli arredi in legno che dei soffitti affrescati. Affamate e un po’ sperdute ci buttiamo nel primo McDonalds che troviamo per riempire lo stomaco e decidere come muoversi in città seguendo la mia guida tascabile.
Prendiamo la metro alla stazione accanto alla biblioteca (5 Avenue-Bryant Park Station) e cambiamo linea alla stazione 42 St., per scendere infine alla 72 st., ad un ingresso di Central Park. La metropolitana mi sconvolge: è buia, sporca, triste e i cambi non sono nemmeno veloci. Una delle peggiori che io abbia mai visto. Inoltre all’interno delle carrozze non si trova nemmeno un pannello esplicativo delle fermate e si vive con l’ansia di aver sbagliato direzione. Ritorno in superficie con questo senso di agitazione e decido di muovermi con altri mezzi per il resto dei giorni. Meno male che Central Park col sole è meraviglioso e torno a sorridere dopo pochi istanti. Philippe ci ha spiegato il miglior giro per apprezzare il parco e decidiamo di seguire le sue indicazioni. Vediamo lo Strawberry Field Memorial, ovvero un’area del parco dedicata a John Lennon in cui si può trovare una decorazione a pavimento dove le persone lasciano fiori, plettri e monete. Si trova sempre qualche artista di strada che canta le canzoni dei Beatles. È particolare e noi ce ne innamoriamo. Ci riposiamo su una panchina con sottofondo “Let it be”, vediamo qualche scoiattolo e poi riprendiamo la nostra passeggiata. Raggiungiamo la famosissima Bethesda Fountain, così piena di turisti che ce ne andiamo quasi subito e andiamo a vedere il Bow Bridge seguendo la sponda del lago. Anche qui gli artisti di strada rendono l’atmosfera perfetta. Tornando su una delle vie principali ci incuriosiscono le biciclette e chiediamo indicazioni. Andiamo quindi a piedi fino alla Columbus Circle, all’angolo estremo sud-ovest del parco e noleggiamo due biciclette per 15$ per un’ora. È praticamente un furto, ma nulla ci farà cambiare idea perché vogliamo vedere quanto più possibile nel minor tempo. Felici e spensierate sulle nostre biciclette, ci rendiamo presto conto della fatica a superare tutte le colline e arriviamo al Metropolitan Museum of Art col fiatone. Entrambe fans accanite in adolescenza della serie tv Gossip Girls, facciamo la foto sulla scalinata del museo, esattamente sul gradino di Blair Waldorf e Serena Van Der Woodsen. Anche altre ragazze fanno la stessa cosa, quindi ci sentiamo meno imbarazzate. Ovviamente non abbiamo tempo di vedere il museo e quindi torniamo alle nostre biciclette. Forse abbiamo perso fin troppi minuti e abbiamo solo un quarto d’ora per attraversare il parco e restituire le biciclette se non vogliamo incappare nella “multa”. A duecento all’ora, come due pazze, ma ridendo e divertendoci tantissimo, arriviamo al noleggio in tempo. Che meravigliosa botta di vita.
Prendiamo la 7th Avenue quando il sole comincia a calare, ci fermiamo a prendere un thè e qualche souvenir per arrivare in Times Square col buio. Questa piazza è davvero pazzesca. Luci forti, musica, artisti di strada, turisti sopra altri turisti, persone che urlano, negozi sempre aperti, bagarini, pubblicità. È caotica e confusionaria, ma non si può non innamorarsene. Ti stordisce così tanto che perdi la cognizione del tempo. Ti fermi a fare foto e video, ma sai che non esprimeranno mai tutto quello che senti. Ceniamo con un hot dog in mezzo alla piazza e poi torniamo sulla 5th Avenue dove mi fermo all’NBA Store. Sarà il compleanno di mio fratello il 21 marzo, amante del basketball da sempre, che razza di sorella potrei mai essere se non compro qui il suo regalo? Dopo aver disturbato tutti i commessi, aver cercato in lungo e in largo con Ane stanca e lamentosa accanto, trovo quello che cerco ed esco soddisfatta dal negozio. Cerco su google maps il nome dell’hotel e in circa un quarto d’ora lo raggiungiamo. Siamo veramente sfinite dalla giornata e vogliamo solo dormire recuperando il sonno perso sul bus. Svoltiamo nella via e vediamo il nome dell’hotel, ma improvvisamente ci rendiamo conto che non è il nostro. Com’è possibile? Dove siamo? Entriamo nella hall e il receptionist ci dice che ci sono sette o più hotel con lo stesso nome, ma dipende dalla zona. Siamo talmente stanche che la cosa ci fa ridere. Troviamo quello giusto e dovrebbe essere una mezzora a piedi, ma non abbiamo nessuna intenzione di camminare ancora, quindi da brave neo-newyorkesi chiamiamo un taxi giallo e ci facciamo portare a casa. Spendiamo 17$ in due, che non è neanche così esagerato e poi collassiamo a letto dopo una doccia calda.
10/03 – Alle 7 in punto il telefono della camera comincia a squillare ad un volume esagerato catapultandoci giù dal letto. Follia pura. Con ancora la tachicardia scendiamo a fare colazione e scopriamo che non ci sono pancakes per noi, ma solo un piccolo buffet in cui si può prendere uova, salsiccia, patate, pane tostato, thè o caffè. Fine. Non una marmellata o qualcosa di dolce che io preferisco al mattino. Capisco che con i viaggi di gruppo si risparmi e non si abbia il servizio completo, ma quanto meno un pochino di scelta in più sarebbe apprezzata. Non mi faccio abbattere dalla mia misera colazione e salgo sul bus carica per la giornata. La tappa sarebbe Central Park, ma sta diluviando come avevamo previsto, quindi io e un’altra ragazza scendiamo leggermente prima per poter andare a visitare il MoMa, a cui Ane non è interessata. Passiamo prima al Plaza Hotel su 5th Avenue che si vede in ogni film e ci lasciamo incantare da così tanto lusso e raffinatezza. Dopodiché camminiamo fino al museo e prendiamo il biglietto giornaliero (14$ per gli studenti). Partendo dal quinto piano scendiamo pian piano e vediamo tutte le maggiori opere, tra cui la “notte stellata” di Van Gogh che sogno di vedere fin da quando sono stata ad Amsterdam e il “Number 31” di Jackson Pollock che rapisce tutta la mia attenzione. Ci sono tantissime opere di valore e vorrei rimanere qui tutta la mattina, ma ho solo un’ora per poi riprendere il gruppo e visitare la parte sud di Manhattan. Prima di raggiungere il bus nuovamente, ci fermiamo a scattare qualche foto davanti alle famosissime vetrine di Tiffany dove ancora si respira l’atmosfera del film. Non serve che io dica a quale film mi stia riferendo.
Attraversiamo l’East River per raggiungere Brooklyn, in particolare Philippe ci vuole portare nel quartiere Dumbo dove si ha una perfetta visuale sul Manhattan Bridge, proprio accanto al Brooklyn Bridge. Sembra stia smettendo di piovere e il tour prevede di fare una piccola gita in barca per vedere la Statua della Libertà, ma c’è molta nebbia e non vogliamo rischiare di buttare via i soldi, quindi abbandoniamo il gruppo per un po’ e rimaniamo noi quattro ragazze della stanza d’hotel, prendendoci più tempo prima di attraversare il ponte. La guida ci ha parlato di Shake Shack, fast food ormai famoso a New York che però ha aperto i battenti proprio sotto il ponte di Brooklyn per la prima volta, e decidiamo di pranzare qui. Dimenticate tutti i fast food che avete provato, non troverete mai un hamburger della stessa qualità di Shake Shack ad un prezzo così basso. Veramente ottimo. Dopo esserci gustate fino all’ultima patatina fritta, saliamo sul ponte e lo attraversiamo a piedi, con calma, scattando un miliardo di foto nonostante il vento gelido e la nebbia in lontananza. Quando ritroviamo il gruppo ci muoviamo a piedi e passeggiamo per il Financial District, con Wall Street, la statua della bambina che fronteggia il toro (spostata davanti alla New York Stock Exchange) e, ovviamente, il toro. Andiamo poi a vedere il 9/11 Memorial, un luogo commuovente e raggelante allo stesso momento. Tutti quei nomi incisi sulla pietra, i fiori e l’innaturale silenzio di questo posto sono un’emozione che non si può descrivere, si può solo portare rispetto. Purtroppo non riesco ad entrare nel museo perché ho poco tempo libero, ma so che voglio tornare.
Risaliti sul bus, fuori comincia a diventare buio e noi ci spostiamo verso l’ultima tappa del tour: Greenwich Village. Qui abbiamo due ore di tempo libero per passeggiare nei bellissimi vicoli che non sembrano appartenere a Manhattan e per mangiare qualcosa. Io trascino Ane a vedere l’edificio la cui facciata è stata usata per una delle mie serie tv preferite al mondo, ovvero Friends. Affamate e stanche dai chilometri macinati in giornata decidiamo di cenare con calma in un ristorante messicano chiamato Taqueria Mez-A. Ordino una sangria, mentre Ane, non avendo 21 anni, è costretta ad ordinare un succo al mango. La mia prima volta in un ristorante messicano, quindi mi faccio suggerire dalla mia amica spagnola e decidiamo di ordinare dei tacos e la fajitas di pollo da condividere. Il cibo è buonissimo, come secondo cocktail provo un mojito che è parecchio forte, ma che rallegra la serata. Torniamo, infine, in hotel (col bus che ci lascia davanti a quello giusto, stavolta) felici per questa meravigliosa esperienza a New York. Veloce sì, ma comunque bellissima. Domani sveglia presto, ci aspetta un lungo viaggio.
11/03 – Salutiamo New York dalla finestra del bus, uscendo dal Lincoln Tunnel, con una vista impagabile sullo skyline della città e il sole ancora relativamente basso alle sue spalle. La giornata prevede diverse soste per riposarsi e mangiare, ma anche una lunga sosta in un outlet in Pennsylvania in cui ho comprato jeans Levis ad un prezzo sconosciuto in Europa. Chiedo alla guida il motivo della sosta in qualche outlet conclusiva di ogni viaggio con ISX e mi spiega che hanno tante richieste, principalmente da parte di asiatici, di fermarsi nei centri commerciali e quindi loro, ovviamente, vanno incontro al cliente. Ci fermiamo anche vicino al confine USA-Canada per comprare alcool/tabacco/accessori senza tasse al Duty Free e poi attraversiamo il confine. Il viaggio è lungo e stancante, arriviamo a Toronto in serata e dopo i nostri buon venti minuti di metropolitana arriviamo a casa sfinite. Doccia e subito a letto, domani si va a lezione.
12/03 – Dopo la gita a NY tutti ci chiedono del viaggio, vogliono vedere le foto e quindi la felicità di aver realizzato questo sogno mi rimane addosso ancora a lungo. Nel nostro gruppo di amici si è ovviamente formato un piccolo e bel sottogruppo di sole donne con cui decidiamo di uscire nel pomeriggio per thè, caffè, muffin e gossip. Io, Ane, Valeriya (ucraina-tedesca), Brenda (messicana) e Merva (svizzera) ci troviamo al solito piano dell’edificio principale del campus e poi prendiamo la metro fino a King Station perché vogliamo andare in un posto di cui ci ha parlato Brenda che si chiama Second Cup Coffee&Co. È un franchise piuttosto famoso a Toronto, usa solo ingredienti naturali e senza conservanti, noi andiamo in quello nella via del Gooderham Building, con delle vetrate che ci permettono di vedere questo bellissimo edificio. La differenza nel sapore dei muffin si sente, è veramente buono e i prezzi sono standard come nel resto della città. Dopo un altro veloce giro al mercato di St. Lawrence torniamo a casa che abbiamo parecchie cose da fare: disfare i bagagli, lavare i vestiti e fare la spesa.
13/03 – Il nostro insegnante ci ha parlato di una libreria in Bloor st. che fa ottimi sconti sui libri, anche quelli usciti da poco. Io e Valeriya decidiamo di andare a vederla dopo scuola perché vogliamo conoscere la città non solo in modo turistico. Siamo le uniche interessate veramente al mondo dei libri, quindi andiamo da sole prendendo la metro fino a Spadina Station. La libreria la si riconosce quasi subito grazie alla sua facciata azzurrina e la grossa insegna verticale con scritto BMV Books in rosso. Sono tre piani colmi di libri e con prezzi davvero ottimi. Io, purtroppo, non compro nulla, ma Valeriya trova delle buone guide di città a prezzi irrisori. Ci fermiamo qualche minuto a sbirciare un libro sull’Algonquin Park dell’Ontario che stiamo organizzando di andare a vedere sabato con il gruppo. L’idea è quella di prendere due auto a noleggio e passare la giornata a camminare all’interno del parco, magari vedendo qualche animale. Speriamo di riuscire ad andare!
14/03 – Io e Valeriya siamo diventate inseparabili nei nostri giri alla scoperta della città, è l’unica che risponde sempre “I’m in” a qualsiasi proposta. Dopo aver preso un buon Matcha Thé nei dintorni della scuola, ci avventuriamo su Spadina Avenue per raggiungere uno storico negozio di dischi che entrambe vogliamo vedere. Attraversiamo una piccola parte di Chinatown, ci fermiamo nei negozi di souvenir e sentiamo invitanti profumi di cibo orientale. Seguendo la via arriviamo da Sonic Boom e veniamo subito catapultate negli anni settanta. L’atmosfera in questo negozio è unica: i vinili perfettamente ordinati, i cd, le cassette… tutto è fermo nel tempo. Un posto accogliente, sicuro, dove ti perdi facilmente per quasi un’ora. Se capitate in questa via e una piccola parte di voi è un po’ vintage, fermatevi qui.
15/03 – È finalmente arrivato il giorno-del-pranzo, ovvero il pranzo internazionale organizzato da settimane a casa nostra con tutti gli amici di scuola. L’idea di base è semplice, ognuno porta qualcosa da bere o cucina un piatto tipico. Dopo un piccolo esame a scuola, torniamo a casa tutti insieme e cominciamo a preparare. Io cucino pasta all’amatriciana, Sean un piatto coreano di cui non ricorderò mai il nome, Camilo le arepas sudamericane. Brenda ha portato la torta e gli altri vino e bibite. Tutto buonissimo, complimenti a non finire, mangiamo fino a scoppiare e siamo tutti felici. Anche Ellina si è aggiunta alla festa. Passiamo il pomeriggio a ridere e scherzare, giochiamo a Uno e poi usciamo per andare a bere qualcosa in un bar su Yonge St. Ci dicono che il locale chiude alle 10, ma a noi non importa perché dobbiamo svegliarci presto l’indomani per la nostra piccola gita in auto. Sempre se ci danno l’auto, visto che io non possiedo una carta di credito intestata e l’unico modo per ottenere un’auto è avere la patente internazionale e la carta di credito con lo stesso identico nome sopra, nessuno può pagare al posto mio e io sono l’unica (a parte Sean con la seconda macchina) che può guidare. La speranza è che accettino la mia carta prepagata ugualmente, ma chi lo sa?
16/03 – Mi sveglio presto e prendo la metro per Downtown senza troppe speranze di ottenere l’auto. Raggiungo l’ufficio Enterprise Rental Car vicino a King Station e, come volevasi dimostrare, non mi permettono di noleggiarla. Infami. Continuo a non capire questa politica del guidatore-carta di credito, ma scopro presto che anche altre compagnie di noleggio con prezzi bassi fanno la stessa cosa. Addio Algonquin Park, forse tornerò un giorno. Il nostro gruppo si è comunque riunito e fuori il sole decide di graziarci, il cielo sembra azzurro, quindi la prima proposta è immediata: CN Tower? Siamo molto vicini e la raggiungiamo in una decina di minuti, a vederla da sotto sembra non finire mai. A seconda di quanto vogliamo spendere e delle attrazioni che vogliamo vedere si formano tre gruppetti con differenti biglietti: Toronto City Pass (tre attrazioni a scelta col prezzo di 92$ tasse escluse), CN Tower + Ripley’s Aquarium (acquistabile solo online col prezzo di 58$ tasse escluse) e CN Tower (38$ tasse escluse). Sono solo le 10 e mezza del mattino, quindi non troviamo tanto caos per salire e prendiamo subito l’ascensore. Questo è meno destabilizzante rispetto al Top of the Rock e vedere la città, salendo, è emozionante. Una volta in cima la vista è impressionante. Le maxi vetrate permettono di godersi panorami unici sulla città, fino alle Toronto Islands, l’aeroporto e verso est la città che si sviluppa a perdita d’occhio. Per me, ma non sono l’unica, è stato terrificante il pavimento vetrato che permette di vedere la base della torre a 346 metri d’altezza. Follia. Perdiamo un’oretta facendo tutto il giro, poi scendiamo. Felici di questa esperienza ci sentiamo affamati e decidiamo di pranzare prima di andare all’acquario. Uno dei ristoranti più vicini è il Boston Pizza, non è certo vero cibo italiano, ma non è male. Anche i prezzi sono onesti, quindi ci incamminiamo sazi e soddisfatti alla volta della seconda e ultima attrazione della giornata, perdendo alcuni del gruppo. Già dall’esterno ci rendiamo conto che forse stiamo sbagliando: è sabato pomeriggio, famiglie e bambini urlanti sono ovunque. Ma noi, impavidi, spalanchiamo le porte del Ripley’s Aquarium. Stolti. Saltiamo la fila avendo già i biglietti, ma è comunque difficile avvicinarsi alle vasche perché passeggini e bambini sono dappertutto. Che poi il male peggiore sono i genitori, i bambini non stanno fermi in mezzo alla sala ostruendo il passaggio, loro stanno con la faccia appiccicata al vetro e basta. Ci destreggiamo nella folla e riusciamo ugualmente ad apprezzare le meraviglie del mondo marino e non. Sicuramente degna di nota è la galleria con pavimentazione mobile totalmente circondata da piccoli pesci, squali, tartarughe e razze. Bellissima! Una volta usciti dall’acquario ci rendiamo conto che il vento sta diventando forte e gelido, siamo stanchi e decidiamo di tornare a casa a riposarci. Ane ha già organizzato da tempo la sua serata in discoteca con alcuni amici, io, invece, esco con Valeriya che propone nuovamente l’Amsterdam BrewHouse e a me va più che bene. Dimenticandoci che è il weekend dedicato a St. Patrick veniamo “travolte” da tantissime persone vestite di verde che cantano, ballano e brindano. Il bar è colmo di persone, c’è musica dal vivo e l’atmosfera felice coinvolge anche noi. Torno a casa a mezzanotte con la metro ancora piena di persone e senza nessuna paura che qualcuno voglia farmi del male, che meravigliosa sensazione di sicurezza che mi dà questa città!
17/03 – Domenica di riposo, meritato aggiungerei. Mi sveglio con calma alle 9 e mezza, colazione vista skyline e poi esco a comprare un paio di cose per la settimana. Vado anche nel grosso centro Canadian Tire dietro casa perché ho deciso di aggiungere un bagaglio e fare del sano shopping prima di tornare a casa, senza paura di eccedere col peso della valigia. Compro un trolley in offerta e poi torno a casa che devo lavorare un po’ al pc, oltre al fatto che voglio ripassare la grammatica inglese in vista del mega-esame di speaking del mercoledì. La mia giornata prevedeva di stare in casa, ma poi Valeriya scrive un messaggio per sapere se faccio qualcosa ed è subito “I’m in”. Prendiamo la metro fino a Lansdowne Station (linea verde) perché ho letto di una minuscola libreria The Monkey’s Paw che vende solo vecchie edizioni e libri inusuali. All’interno si trova una macchina che con 3$ ti lascia un libro a sorpresa e, ovviamente, io ne compro uno. Magari sarà il libro della mia vita, chi lo sa? Passiamo una mezzoretta dentro e sfogliamo diversi libri, sono tentata di comprare un’edizione del 1981 de “Il Mago di Oz” con illustrazioni, ma riesco a resistere. Si trovano anche molte cartine stradali storiche, ricettari e libricini degli anni ’60. Sono realmente innamorata di questo posto. Soddisfatte degli acquisti torniamo poi a casa. Piccola gita, ma felice di non essermi persa questo negozio.
18/03 – Ho comprato un nuovo trolley, quindi va riempito! Dopo scuola vado all’Eaton Centre per fare del sano shopping pomeridiano. Abercrombie&Fitch non è la mia marca preferita, ma qui i prezzi sono effettivamente più bassi e la mia iniziale idea di comprare qualche bella felpa canadese da Roots si è dissolta quando ho visto i prezzi esagerati. Cento dollari per una felpa primaverile, siamo seri? Prendo anche qualche altro souvenir e poi torno a casa. La mia ultima settimana qui è appena cominciata.
19/03 – Domani abbiamo l’esame a scuola, quindi ci tengo a dare il massimo e passo il pomeriggio a ripassare regole grammaticali, imparare nuove parole e riguardare gli argomenti trattati in queste settimane. La scuola si è rivelata essere seria esattamente come pensavo all’inizio e sono felice della scelta. Sento il mio inglese migliore, ma, soprattutto, mi sento più sicura di me.
20/03 – Finalmente c’è il sole, ma un sole vero che scalda sulla pelle. È una giornata perfetta e, sapendo che tornerà ad esserci brutto tempo nei miei prossimi ultimi giorni, non voglio rischiare di perdermi la gita sulle Toronto Islands. Valeriya e Yuki vengono con me, prendiamo il traghetto vicino a Union Station per la Ward’s Island, l’unica raggiungibile nella stagione invernale. Il biglietto del traghetto costa solo 7,8$ ed è buono anche per il ritorno, vale sicuramente la pena farci un giro. Nel giro di un quarto d’ora approdiamo sull’isola e la vista sullo skyline di Toronto è impagabile già dal porticciolo. Ci inoltriamo nell’isola e vediamo anche il lato senza città, con la sola vista sul lago. Il relax e il silenzio qui sono assicurati, il rumore dell’acqua e dei gabbiani mi rimanda quasi alla meravigliosa sensazione che provo ogni volta che vado al mare. Passiamo sopra un ponte, vediamo diverse abitazioni, tutte rigorosamente senza cancello, in legno, colorate e la sensazione per tutti noi è di voler vivere qui. Troviamo delle panchine con vista sulla città e rimaniamo qui una mezzora buona, gustandoci appieno tutta la sua bellezza. Con il sole sul viso e una vista del genere, non potevo chiedere un saluto migliore.
21/03 – Pancakes day! Dopo quattro settimane a parlare di pancakes senza mai averne provato uno, decidiamo che è il momento di fare questa esperienza. Sta tornando il vento freddo che mi accolta quando sono arrivata qui, per un secondo abbiamo sperato in una sottospecie di primavera, ma è stata solo un’illusione. Dopo le lezioni mi fermo a scuola a scuola per aspettare tutte le ragazze del gruppo e, intanto, Valeriya mi insegna qualcosa di russo. È da tanto che voglio impararlo, è difficile, ma sono pronta. Per le 4 il nostro gruppetto di cinque ragazze si avvia per il locale Denny’s Canada, su Dundas St. Ordiniamo e rimaniamo estasiate dalla grandezza e bellezza dei pancakes americani. Grossi come un piatto, ricoperti di banane, gocce di cioccolato, panna montata e sciroppo d’acero. Sembra la felicità sotto forma di cibo. Dopo quest’attentato contro qualsiasi ipotetica dieta, torniamo all’Eaton centre perché mi sono innamorata di una collanina in argento con una minuscola foglia d’acero e ho tutta l’intenzione di farmi questo regalo. Una volta a casa raggiungiamo Ekin a casa e brindiamo con una bottiglia di vino ad una delle nostre ultime sere insieme.
22/03 – Ultimo giorno di lezione, l’insegnante ci consegna i risultati e ne discute con ognuno di noi. Sono felice davvero perché il mio inglese è migliorato e sono teoricamente passata al livello successivo (nel caso rimanessi a fare altre quattro settimane), ma soprattutto Steve mi ha detto che il mio inglese è fluente e sono pronta ad entrare nel mondo del lavoro con questo livello. La gioia. Per pranzo andiamo da Five Guys in Yonge St. dove gli hamburger sono davvero buoni come dicono, ma nessuno al livello di Shake Shack di New York a mio parere. Torno a casa che devo cominciare a preparare i bagagli ed è un’impresa farci entrare tutto, rimanendo ovviamente nel peso massimo. Io, Ane ed Ekin ceniamo presto perché prima delle 8 prendiamo la metro per andare all’ormai affezionato Amsterdam BrewHouse. Ci troviamo con un bel gruppo di persone per salutarci, siamo in tanti a partire dopo un mese. Anche Hailey ci raggiunge lì, oltre alle solite del gruppo di scuola. Dopo qualche cocktail si è fatta mezzanotte, è ora di tornare a casa. Il giro di baci e abbracci sembra infinito, Valeriya comincia a piangere e quindi a ruota piango anche io, nonostante avessi tutta l’intenzione di non farlo. Prendiamo un Uber per tornare a casa e vado a letto con il cuore felice, conoscere tutte queste meravigliose persone in una città bella come Toronto è qualcosa che mi porterò dentro per sempre.
23/03 – Oggi si torna. Ane e Brenda mi accompagnano in aeroporto, promettendomi di non scoppiare a piangere ancora. Sul taxi rimango con lo sguardo fuori dal finestrino e mi godo tutta la bellezza di questa città che ho imparato ad amare. Forse tornerò un giorno, me lo auguro.
The post Un mese a Toronto appeared first on Il Giramondo.