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Channel: Diari di viaggio – Il Giramondo
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Luna di miele a Zanzibar

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E’ passato quasi un anno dal mio matrimonio e dal viaggio di nozze; se ripenso a quei momenti mi emoziono ancora… Dopo aver fissato la data del matrimonio (01/09/2012) ci poniamo subito la questione di dove andare in luna di miele. Purtroppo dobbiamo restare nelle due settimane che mi vengono concesse al lavoro (“Sei l’ultima arrivata, non puoi pretendere più giorni” è stata la classica risposta alla mia richiesta di ferie/licenza matrimoniale). Escludiamo così le mete eccessivamente lontane, che vorremmo visitare con più giorni a disposizione. Scopriamo che settembre è un mese molto limitante per viaggiare perché ad est ci sono i monsoni e ad ovest gli uragani. Escludendo l’Europa che abbiamo già abbondantemente visitato cominciamo a vagliare alcune proposte in Africa. Quando i nostri cuori cominciano a battere all’unisono davanti alle immagini di Zanzibar capiamo di aver trovato un viaggio di nozze davvero nostro. Certo, i motivi di tanto batticuore sono diversi, ma questo è solo un dettaglio: mentre io mi sciolgo guardando le foto di tramonti e paradisiache spiagge bianche, mio marito si scioglie all’idea di poter visitare la terra natale di Freddie Mercury, il suo idolo.

Considerato il mio amore a prima vista per quelle foto di tramonti non potevo che scegliere la località di Zanzibar più famosa per questo spettacolo del sole: Nungwi, a nord-ovest dell’isola, che per di più, a differenza delle altre spiagge più note (v. Kiwengwa) è meno soggetta al fenomeno delle maree e quindi sempre balneabile. Il villaggio scelto è il Seaclub Royal Zanzibar Beach Resort della Francorosso.

Allo scoccare della mezzanotte del 4 settembre, il nostro boing Air Italy decolla da Verona diretto a Zanzibar. L’aereo è mezzo vuoto e così io e il mio maritino riusciamo a sistemarci su più poltrone ciascuno e dopo una lunga dormita (da distesi, mai capitato prima) ci svegliamo con l’annuncio del comandante di guardare fuori dai finestrini: stavamo sorvolando il Kilimangiaro e non potevamo perderci lo spettacolo della sua cima piatta e innevata che si ergeva sopra le nuvole. Dopo circa 8 ore arriviamo al piccolo aeroporto di Zanzibar. Dire pittoresco è poco: non esistono nastri trasportatori e le valigie le troviamo una accanto all’altra con gli addetti che le esibiscono come al mercato per far sì che ognuno individui subito la propria. Meglio non attendere troppo o se le tengono e le riconsegnano per una mancia. Fuori dall’aeroporto gli assistenti Francorosso ci separano dagli altri ospiti: in quanto novelli sposi abbiamo diritto al transfer privato. Così, mentre i nostri compagni di viaggio salgono su uno sgangherato pullman noi due saliamo su una jeep con un autista che definire autista è riduttivo: ci ha fatto da vera guida turistica, raccontandoci la vita a Zanzibar e fermandosi più volte lungo la strada per farci vedere i piccoli villaggi (la vita è molto semplice, in modeste casette di fango e mattoni, spesso senza neanche l’elettricità) e la grande quantità di piantagioni da frutta (come le banane rosse che non avevo mai visto). Ci raccomanda di dimenticare chi siamo e da dove arriviamo: per vivere Zanzibar bisogna sposare il loro motto nonché stile di vita: Pole Pole. Significa “piano piano”, con calma. Per me è la conferma di aver scelto il viaggio di nozze giusto: stremata dal matrimonio e dai preparativi, per i quali non ho potuto avere neanche un giorno di ferie al lavoro, questo è esattamente ciò che sto cercando: tranquillità, relax. Arrivati al villaggio un buonissimo latte di cocco da  sorseggiare con una cannuccia direttamente dalla noce ci rinfresca dal lungo viaggio.

ZANZIBAR: ALCUNE INFORMAZIONI

Zanzibar è un arcipelago nell’Oceano Indiano appartenente alla Tanzania, nome che indica letteralmente l’unione di Tanganica (parte continentale) e Zanzibar, avvenuta nel 1964. La lingua ufficiale è lo swahili, ma sono conosciuti sia l’inglese che l’italiano (la maggioranza dei turisti sono italiani). Il Paese è di religione musulmana e vi è un rigido codice di abbigliamento (attenzione a non “svestirsi” troppo) oltre che di comportamento (non si possono fotografare le persone perché è rimasta l’idea che rubi l’anima). E’ molto diffusa, direi quasi obbligatoria, la mancia. Per noi non è un problema: cosa è un dollaro per noi? e cosa significa per coloro che vivono con 2 dollari al giorno?

Per Zanzibar non è obbligatoria alcuna vaccinazione ma è raccomandata la profilassi antimalarica. Considerato che io sono da sempre un prelibato pasto per le zanzare, su consiglio del medico ho scelto di farla. Sulle spiagge a settembre ci sono poche zanzare, ma volendo girare l’isola io e mio marito abbiamo preferito andare sul sicuro. La profilassi consta in una serie di pillole da prendere giornalmente. Nessuno di noi ha avuto effetti collaterali, anzi, siamo stati benone sia durante la vacanza che dopo.

IL VILLAGGIO: ROYAL ZANZIBAR BEACH RESORT

Il Royal Zanzibar Beach Resort, per l’Italia esclusiva Francorosso, è costituto da un edificio centrale e una serie di bungalow in stile swahili digradanti verso l’oceano. Abbiamo scelto una suite, 100 mq con salottino, letto king size, tv al plasma e un bagno enorme con vasca doppia idromassaggio. Il punto di forza è il grande balcone che si affaccia sull’oceano.

suite

Il ristorante principale offre un buffet internazionale con portate zanzibarine e italiane. Vi sono anche un secondo ristorante, 3 bar e  4 piscine: 3 disposte su livelli e una a strapiombo sull’oceano.

piscine

infinite pool

L’animazione (soft) è composta da 3 ragazzi italiani e alcuni africani: durante il giorno organizzano tornei sportivi ma non so dirvi di quelli serali, perché dopo cena stavamo un po’ nell’area relax (con wifi libero) e poi andavamo in camera (siamo o no in viaggio di nozze?!). E’ assidua la presenza dei masai assunti come guardie, sia in spiaggia che lungo i vialetti del villaggio.

LA SPIAGGIA

La spiaggia è bianca, il mare è cristallino.

spiaggia

Ci sono parecchi venditori, anche insistenti, che cercano di propinare ai turisti milioni di cose. Provengono dal piccolo (imperdibile) mercatino di artigianato locale situato accanto al vicino MyBlue Resort. I masai organizzano partitelle di calcio sulla spiaggia con i clienti dei resort. La sera il sole tramonta proprio sull’oceano: il passaggio dei caratteristici dhow ci regala scatti mozzafiato.

tramonto

tramonto2

ESCURSIONI

Il primo giorno l’assistente Francorosso ci chiede espressamente di fare attenzione ai Beach Boys, i ragazzi zanzibarini che in spiaggia propongono le stesse escursioni dei tour operator ma a bassi prezzi, perché privi di ogni licenza e capaci di abbandonare i turisti nel bel mezzo di una strada. Noi non avevamo ancora avuto modo di conoscere questi fantomatici briganti e prenotiamo così subito l’escursione per il giorno dopo a Stone Town, capitale di Zanzibar nonché città natale di Freddie Mercury. Peccato solo che visiteremo la città il 6 settembre e Freddie vi è nato il 5 settembre: il giorno prima sarebbe stato un perfetto anniversario.

Entrati a Stone Town, la prima cosa che la guida ci fa osservare è la casa di David Livingstone: qui l’esploratore si stabilì per preparare la spedizione alle sorgenti del Nilo. Passeggiamo per viuzze tortuose e bazar di questa capitale (Patrimonio Mondiale dell’Umanità) decadente ma cosmopolita: chiesa e moschea convivono pacificamente nella stessa piazza, ovunque si possono trovare tracce arabe e indiane, residui della sua grandezza, di quando nell’Ottocento era il fulcro del commercio nell’Oceano Indiano. Commercio di spezie, di avorio, ma soprattutto di schiavi. Dove una volta c’era il mercato degli schiavi ora è stata costruita una cattedrale (cattolica), con colonne di prezioso marmo di Carrara montate all’incontrario (gli africani mai avevano visto una colonna e confusero il capitello per la base) e una croce fatta del legno dell’albero sotto il quale è stato sepolto il cuore di Livingstone. Fuori dalla chiesa alcune statue consentono di non dimenticare l’orrore che si svolgeva in quel luogo.

schiavi

Si possono ancora vedere le misere celle sotterranee in cui gli schiavi aspettavano incatenati a un banco di pietra il loro crudele destino. Immagino la loro vita e lì, in quegli angusti spazi, mi scende una lacrima. La tratta degli schiavi fu abolita solo nel 1873.

celle

Arriviamo quindi alla Casa delle Meraviglie, fatta erigere da un sultano nel 19° secolo e chiamata così perché era un edificio incredibile per un Paese africano: oltre a essere altissimo per i loro standard, fu il primo ad avere acqua corrente, elettricità e addirittura un ascensore. Qui lavorò anche il papà di Freddie Mercury (motivo per cui l’intera famiglia si trasferì in questo angolo di Africa). Il successivo step è proprio, per la gioia di mio marito, la casa di Freddie Mercury.

casa freddie

Abbiamo ancora il tempo di fare un’ultima passeggiata.

mercato2

scuola

Il giorno dopo in spiaggia conosciamo i famigerati Beach Boys. I prezzi delle loro escursioni sono effettivamente bassi, ma soprattutto ci sembrano persone affidabili. Si fanno chiamare Franconero e sono stabili sulla spiaggia del nostro resort. Saremo incoscienti ma noi facciamo subito amicizia e ci decidiamo a prenotare con loro le successive escursioni. Mai scelta fu più saggia: Alonso e i suoi compari (avendo nomi per noi impronunciabili si fanno chiamare come personaggi famosi) saranno le nostre fantastiche guide locali alla scoperta della vera essenza di Zanzibar.

La prima escursione con i Beach Boys ci porta a Prison Island e la lingua di sabbia.

Siamo in una quindicina gli “incoscienti” che affidano la propria vita a Alonso & Co; su un moderno pullmino (altro che i vecchi sgangherati pullman per i tour operator) arriviamo al porto di Stone Town, passando tranquillamente tutti i posti di blocco perché i nostri Beach Boys hanno tutte le licenze necessarie. Qui ci sono tantissime barche (mitumbwi), la nostra ha nome Portabene. Dopo una tranquilla traversata arriviamo a Prison Island, così chiamata perché nata come prigione, anche se fu utilizzata solo come campo di quarantena.

prison island

Ora è la casa di pavoni e tartarughe giganti (pesano anche oltre 200 kg!). Sul carapace portano scritta la loro età: la più vecchia ha ben 189 anni!

tartaruga

Salpiamo quindi in direzione della lingua di sabbia, un isolotto che esiste solo con la bassa marea. I colori mi tolgono il fiato, la sabbia bianca risplende nell’azzurro dell’oceano e ci abbaglia!

lingua di sabbia

Mentre noi ci rilassiamo prendendo il sole e facendo il bagno, lo staff Franconero monta la tenda e prepara il pranzo. E che pranzo! Abbiamo cominciato con tanta frutta freschissima; io che ho sempre odiato l’ananas mi sono trovata a  mangiarne uno intero da quanto buono fosse (ammetto però che in Italia non ho ancora trovato ananas così buoni). Poi le patate, cotte in acqua di mare: troppo gustose! E infine pesce, gamberi e la portata principale: aragoste e le simili (e per me ancora più buone) cicale di mare! Sono molto diffuse nelle acque di Zanzibar ma ai locali non piacciono: a noi però sono piaciute tantissimo!

pranzo

Il pomeriggio lo passiamo a crogiolarci al sole. E poi purtroppo arriva l’ora di partire.

La seconda escursione che prenotiamo con i Beach Boys è a Jozani Forest. Questa volta siamo solo mio marito ed io, con Alonso come unico accompagnatore. Anche questa volta passiamo tranquillamente tutti i posti di blocco, arrivando quasi all’altro capo dell’isola. La foresta è il regno del colobo rosso, una scimmietta che si trova solo qui. Mentre i turisti prendono in massa lo stesso sentiero, Alonso ci conduce per altri sentieri, poco battuti, perché, come dice lui, le scimmie non si faranno mai vedere con così tante persone. La scelta è stata davvero ottima: riusciamo ad avvistare tantissimi colobi e addirittura una mamma scimmia mentre allatta il piccolo.

colobo

mamma colobo

Arriviamo infine a una foresta di mangrovie: siamo a centinaia di metri dalla costa eppure, quando c’è l’alta marea, l’oceano arriva incredibilmente fino a qui!

mangrovie

Altra escursione è il famoso Spice Tour. Zanzibar è il regno delle spezie e questa gita ci consente di visitare una loro “azienda agricola”. Alonso ci fa incontrare due ragazzi del posto che ci guidano tra piantagioni di spezie (vaniglia, cannella, ylang ylang, pepe, chiodi di garofano, zenzero, ecc…) e frutta tropicale (jack fruit, cocco, mango, ananas, pompelmo, ecc…), raccontandoci usi e particolarità per ciascuna di esse. Abbiamo potuto toccare, annusare, scoprire cose inimmaginabili (ad es. lo sapevate che il Vicks deriva dalla radice della cannella, che ha lo stesso profumo?) .

spice tour

Uno dei due ragazzi ci prepara via via tanti gadget creati al momento con foglie di palma intrecciate: corone, collane, bracciali, orologi, borse, cravatte. Al termine del percorso c’è un piccolo mercato dove poter acquistare le varie spezie. I ragazzi ci fanno quindi assaggiare tutti i frutti tropicali che abbiamo visto nel corso della gita. Un’escursione bellissima, imperdibile essendo l’isola delle spezie, dove è davvero piacevole perdersi tra gli odori, i sapori, i colori.

LE MIE CONCLUSIONI

Innanzitutto vorrei precisare che il mio non è un elogio a tutti i beach boys, ma solo un ringraziamento allo staff Franconero che lavora con gli ospiti del Royal Zanzibar, che ha reso perfetto il nostro viaggio di nozze. Quando siamo tornati a casa eravamo due persone diverse: oltre ad avere scoperto un paradiso terrestre incontaminato che serberemo sempre nel cuore, abbiamo cominciato a prendere la vita con meno frenesia, quel Pole Pole di cui sopra, e con il sorriso per ricordare tutti quei bambini che non hanno nulla (credetemi, nulla!), eppure sono sempre sorridenti e gentili con tutti: con le loro divise camminano anche per chilometri per raggiungere la scuola, molti di loro scalzi, ma sempre pronti a salutare i turisti che passano con pullmini e jeep. Abbiamo purtroppo tralasciato una cosa, che ci riproponiamo di fare nel prossimo viaggio a Zanzibar e che vi esorto a fare se siete in partenza per questa splendida isola: portare nei villaggi una valigia di vestiti, scarpe e cancelleria, il regalo più prezioso che si possa fare agli abitanti di quel paradiso terrestre che ha l’esotico nome di Zanzibar.


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