Amici viaggiatori,
era con molta curiosità che ci siamo apprestati al nostro viaggio in Iran, sia perché chiunque ci fosse già stato ce ne aveva parlato come di un Paese meraviglioso e di un popolo estremamente ospitale, sia perché per alcuni di noi sarebbe stata la prima volta in una nazione islamica.
E poco, o nulla, ci preoccupava la domanda più ricorrente tra amici e parenti “Ma è un Paese sicuro?”, perché già sapevamo che pur trovandoci in un’area del mondo particolarmente turbolenta in Iran non avremmo avuto nulla da temere.
Il nostro viaggio, iniziato a Shiraz, è stato un percorso di 17 giorni attraverso tutto l’Iran centrale, visitando Persepoli, Yazd, il deserto del Dasht-e Kavir e Isfahan, e conclusosi a Kashan. Sin dai primi giorni, ci siamo accorti che questa esperienza non solo avrebbe confermato tutte le nostre aspettative, ma sarebbe andata anche oltre, riuscendo a stupirci nonostante tutto ciò che avevamo sentito o letto sull’Iran.
Ciò che ci ha subito impressionato e che ci è rimasto nel cuore al nostro ritorno in Italia è il popolo iraniano: gente cordiale, accogliente oltre ogni immaginazione, che considera l’ospite, in particolare se proveniente da un altro Paese e quindi turista, come un’occasione di confronto e di arricchimento culturale. Sovente ci è capitato di essere salutati per strada da grandi e piccini con un entusiastico “Hello, how are you? Welcome to Iran!” e di essere fermati per strada per una foto o per una chiacchierata sulle nostre impressioni di viaggio e su ciò che pensavamo del loro Paese. L’iraniano ci è apparso come una persona orgogliosa: delle proprie origini (si considerano prima di tutto persiani e la conquista araba nel 637 d.C., che tanto avrebbe influito sulla storia del Paese, da molti è vissuta come un momento buio della propria storia millenaria), della propria dignità, del proprio territorio e delle proprie tradizioni. E quando parla della sua terra lo fa con una passione e un amore coinvolgenti. L’ospite è sacro: non è raro incontrare per strada un iraniano che ti offre pane, melograni, chai (tè) o anche solo un aiuto o un suggerimento e può capitare che ti inviti a casa propria per una cena e per conoscere la sua famiglia. Ma non sempre accettare immediatamente è la soluzione migliore. Una delle prime cose che abbiamo imparato dell’Iran, e che rappresenta un esempio significativo di ciò che per un iraniano significa “ospitalità”, è stata il ta’arof: una sorta di galateo persiano che impone di rifiutare almeno un paio di volte una qualsiasi offerta (cibo, una corsa in taxi, un prodotto acquistato in negozio) per dar modo all’offerente, altrettanto “obbligato” dalle norme di buona educazione a offrire anche ciò che non potrebbe permettersi, di non dover fare sacrifici oltre le proprie possibilità.
Al di là del suo popolo, il territorio dell’antica Persia ha molto da offrire anche sotto il profilo architettonico e paesaggistico. La lunga serie di dinastie che ha regnato sul territorio si rispecchia negli edifici e nelle moschee delle città, in un’esuberanza di maioliche dai colori vividissimi, con grande abbondanza del giallo e del turchese. Alcuni siti sono talmente imponenti da togliere il fiato e porteremo a lungo con noi il ricordo della maestosa Persepoli, delle suggestive “torri del silenzio” di zoroastriana memoria e dell’immensa piazza Naqsh-e Jahan (ora detta Meidan-e Emam) di Isfahan, una delle più grandi al mondo. Ogni città ha le sue peculiarità: a Shiraz, patria della poesia iraniana, l’atmosfera è particolarmente spirituale, Yazd è una città nel deserto che rapisce con le sue costruzioni di fango e paglia ed è la culla di alcune invenzioni incredibilmente ingegnose, quali le torri del vento, che portavano aria fresca all’interno delle abitazioni, e i qanat, canali d’acqua sotterranei che consentivano di portare l’acqua dalle montagne fino al deserto. Il deserto, appunto, un’esperienza altrettanto indimenticabile, anche se il fatto di essere un gruppo numeroso non ci ha consentito di apprezzarne a pieno l’assordante silenzio. Isfahan è la principale meta turistica dei viaggiatori grazie a splendidi giardini persiani, ponti monumentali e importanti edifici, ma forse proprio per questo la meno autentica, mentre a Kashan abbiamo trovato il bazar forse più autentico tra quelli visitati in Iran e scoperto l’acqua di rose.
Riguardo alla qualità del cibo, almeno quello che si trova nei ristoranti, siamo rimasti un po’ delusi. Ci aspettavamo maggiore varietà e piatti speziati e gustosi, mentre abbiamo trovato una cucina dai sapori delicati e molto dolci. Immancabile la carne, servita soprattutto come kebab, ovvero arrostita, rigorosamente pollo o agnello, ma presente anche nelle preparazioni a base di verdura, e lo zafferano, di cui l’Iran è il produttore leader a livello mondiale. Scordatevi l’alcool, che qui è proibito e sostituito da improbabili birre analcoliche aromatizzate o da un bevanda allo yogurt dal gusto molto particolare.
Le nostre ultime osservazioni si riferiscono alla scelta dell’operatore turistico che ha tradotto in servizi i nostri suggerimenti: UPPERSIA, un’agenzia di Shiraz.
Il nostro giudizio è pessimo. Per tre ragioni, fondamentali nell’economia del viaggio.
LA GUIDA, parlante italiano, che ci ha accompagnato per tutta la durata del viaggio. Si è dimostrata non all’altezza del compito. Sia per la sua scarsa conoscenza della lingua, un vocabolario molto limitato, sia per la scarsa esperienza con gruppi come il nostro, formato da undici persone, con un’itinerario ed esigenze ben diverse da quelle dei viaggi organizzati.
LE 4X4 utilizzate nell’escursione di tre giorni nel deserto. Le quattro fuoristrada presentavano caratteristiche di comodità molto diverse tra loro, ma, cosa ben più grave e che abbiamo scoperto durante l’escursione, avevano problemi di manutenzione e affidabilità precari. A tal punto che il secondo giorno abbiamo viaggiato con solo tre veicoli.
L’HOTEL a KASHAN. Sistemazione comunicata solo dieci giorni prima della nostra partenza il 5 di ottobre, anche se l’itinerario era stato inviato nei primi giorni di giugno. Quasi sicuramente l’agenzia non ha mai visto l’albergo. Venduto come un cinque stelle, per questo abbiamo pagato un supplemento di 300,00 €, non aveva una sala dove undici persone potessero fare la colazione tutti assieme. Ma soprattutto le cinque stanze messe a disposizione erano talmente differenti una dall’altra che abbiamo avuto grossi problemi nell’assegnazione alle varie coppie.