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Channel: Diari di viaggio – Il Giramondo
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West Canada

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Ho scelto il Canada Occidentale perché volevo un viaggio in cui la Natura fosse l’assoluta protagonista.

E’ stato anche meglio di quanto immaginassi.

 

VOLO

And.  Roma-Calgary con scalo breve a Montreal

Rit.  Vancouver-Roma con scalo breve a Seattle e Francoforte

Lufthansa*, 704 euro, comprato a metà febbraio.

*anche se il volo di andata è stato poi effettuato da Air Canada, con aereo piccolo e datato, senza schermi…

 

AUTO

Hyundai Accent, ritirata in a Calgary Aeroporto e riconsegnata dopo 23 giorni a Vancouver Downtown.

Noleggiata con Thrifty, a marzo, 634 euro + 450 CAD per One-way e tasse locali.

Totali km percorsi 4600

Costo medio della benzina 1,20 CAD

Nessuna strada a pagamento.

 

ALLOGGI

Motel, ostelli, B&B e tenda.

I motel sono come quelli in USA, spesso con macchina del caffè e microonde in camera, basici e quasi sempre appena fuori dal centro, con prezzi variabili a seconda della zona.

All’interno dei parchi abbiamo dormito con la tenda nei Campground (aree da campeggio attrezzate con bagni e a volte docce) e nei Backcountry (aree spartane, con solo piazzole pulite dalla vegetazione, bbq a terra e servizi igienici a pozzetto)

Ho prenotato dall’Italia solo la prima notte, per comodità, e le successive tre che coincidevano con il week-end del Labour Day. Il resto lo abbiamo cercato con un paio di giorni di anticipo o sul momento.

 

PASS PER I PARCHI

Abbiamo comprato quello annuale (Discovery Pass, 134CAD) che consente l’accesso a tutti i parchi nazionali e a diversi siti storici. I parchi provinciali sono gratuiti.

 

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DIARIO

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Atterriamo a Calgary, con 8 ore di fuso orario e dopo un volo lungo e noioso. Sotto una fredda pioggia, cerchiamo una sim locale (che nessuno vende in aeroporto…) e ritiriamo l’auto. Mangiamo un boccone in un pub su Macleod Trail e andiamo a dormire All’Howard Johnson Motel li vicino.

 

 

Giorno 1

Calgary / Waterton (270 km)

 

Piove! E fa anche freddo! Urge una colazione Canada style, con pancake e sciroppo d’acero e, prima di lasciare la città, compriamo una carta stradale di Alberta e BC e una sim per la connessione dati. Subito dopo, partiamo verso sud, destinazione Waterton Lake National Park. Facciamo una prima deviazione sulla Cowboy Trail (Hwy 22)  che attraversa distese di pascoli e praterie immense e che un tempo era percorsa dai wranglers  che spostavano le mandrie.

La nostra destinazione è il  Bar-U Ranch. Si tratta di un grande ranch della fin dell’800, divenuto ormai sito storico e dove si possono visitare le case, la mensa, le stalle e le botteghe restaurate.

E’ carino, il fabbro lavora artigianalmente ai finimenti con lo stesso stile di un secolo fa, ci sono mezzi agricoli vintage, cavalli e in cucina, una signora fa assaggiare dei biscotti fatti con materie prime coltivate al ranch.

 

 

Dopo un’oretta, leviamo le giacche fradice di pioggia e ci mangiamo una zuppa di legumi e manzo alla tavola calda del ranch, come i veri cowboys  :-D

Riprendiamo verso sud e deviamo una seconda volta verso lo Haed-Smashed-In Buffalo Jump, scegliendo una strada secondaria sterrata e che ci fa capire perché tutti abbiano il suv invece dell’ utilitaria!

Il sito, gestito dai nativi, illustra attraverso installazioni, reperti e ricostruzioni, il sistema di caccia al bisonte messo in atto per secoli dagli antenati dei Blackfoot. Troviamo particolarmente interessante il filmato che dura una mezzora e che ricostruisce le scene di vita e di caccia delle tribu.

 

 

La visita dura poco perché il sito chiude alle 17 (come quasi tutto, qui) e approfittiamo per fare un po’ di spesa da Walmart a Pincher Creek (e per fortuna perché a Waterton ci sono solo due negozi e con prezzi altini!)

Intanto la pioggia è diventata neve. E facciamo il primo incontro con la fauna selvatica: due maestosi cervi ci attraversano la strada e continuano la loro corsa nella prateria. Proseguiamo verso il motel a Mountain View, alle porte di Waterton (Bear Country Inn&Suite, 114$ con colazione) . Il paese è solo un crocevia con 5 case e una chiesa; il motel ha la reception nell’unico negozio che fa da general store, ufficio postale, rivendita di artigianato dei nativi e qualche articolo di abbigliamento.

E da tavola calda, ovvio. Ceniamo lì con poutine quebequoise e pollo fritto, alla faccia del colesterolo e poi nanna. Piccola nota sul motel: le camere, una decina, sono tutte ristrutturate da poco, carinissime e ben arredate.

 

 

Giorno 2

Waterton Lake National Park

 

Il fuso orario ci fa svegliare ancora prestissimo. Prima di entrare nel parco, ci fermiamo al Buffalo Paddock, un’area recintata dove è consentito fare un giro in auto per avvistare i bisonti. Sarà che hanno freddo anche loro, fatto sta che ne vediamo uno solo, enorme e sonnacchioso. L’ingresso è autogestito nel senso che si deve aprire il cancello, entrare e richiudere.

 

Il parco è a pochi km e per prima cosa, facciamo tappa al Centro Visitatori per farci dare la mappa dei trails, consigli e warning. Poi prendiamo la camera al Bear Mountain Motel (carino, nel centro della cittadina, 119$ a notte). In fretta e furia prepariamo lo zaino per il pranzo e ci mettiamo in modalità trekking.

Abbiamo deciso di fare Lower e Upper Rowe Lake (circa 12,6 km, disl. 500mt). Ai piedi del sentiero c’è l’avviso che informa sulla frequentazione dei plantigradi visto che siamo ancora in stagione di frutti rossi. Io ho un fischietto, per ogni evenienza, ma il consiglio dei rangers è quello di non distanziarsi mai e di fare comunque rumore affinché l’animale capisca chi siamo (umani e non prede).

Il sentiero è decisamente bello, facile nel primo tratto ma più impegnativo quando, salendo, si comincia a trovare neve. Il lago inferiore è molto suggestivo, la prima neve ha avvolto tutto. Ci fermiamo poco, giusto il tempo di sgranocchiare qualcosa e proseguiamo per quello superiore.

La salita si fa impegnativa e la neve alle caviglie non facilita. Incontriamo poche persone e, quando arriviamo a quota 2100, il lago è bellissimo e deserto ma il vento freddo ci gela. Facciamo qualche foto e iniziamo subito la discesa. Arriviamo alla macchina dopo 4h30, stanchi ma felici di questo battesimo sulle Montagne Rocciose.

 

 

Ceniamo al Trapper’s  dopo aver fatto una passeggiata nel paese, che anche se piccolissimo, è assolutamente delizioso e poco affollato. Alle 9 siamo a nanna!!

 

 

Giorno 3

Waterton Lake N.P.

 

In cielo ci sono delle belle nuvole scenografiche, perfette per fare le foto sul lago deserto e impiegare il tempo che manca alla cavalcata che abbiamo in programma alle 10.

Alle Alpine Stables Ltd ci hanno preparato i cavalli per un giro di 2 ore (70$): la guida ci accompagna ai piedi del Bears Hump Mountain attraverso prati, radure e boschi. I cavalli sono docilissimi e le selle americane decisamente comode. La cavalcata prosegue verso la parte bassa del lago dove il vento gelido soffia forte ma la sensazione di libertà che quei luoghi sanno regalare è impagabile.

Il pomeriggio il tempo migliora e facciamo un’altra camminata verso le Lower Bertha Falls (5,6km, disl. minimo). Il sentiero parte direttamente dal paese ed è decisamente più frequentato.

Facciamo quasi subito conoscenza con i cipmunk, piccolissimi scoiattoli  molto socievoli. Ci soffermiamo un poco al view point che regala un colpo d’occhio magnifico sul lago, verso il lato americano e dopo nemmeno mezzora siamo alle cascate.

 

 

Appena prima del tramonto, sperando di avvistare un orso, prendiamo l’auto per percorrere la Akamina Promenade che attraversa i boschi sul versante della BC e arriva fino al bellissimo Cameron Lake. La luce è surreale e mentre facciamo ritorno, ecco il nostro primo orso bruno! Non facciamo nemmeno in tempo a fare una foto tanto restiamo sorpresi di vederlo praticamente al bordo della strada. Lui, in un attimo, sparisce nel buio della foresta.

In paese ritiriamo la roba pulita dall’asciugatrice, e dopo un’occhiata veloce al meteo dei successivi giorni, decidiamo l’itinerario e cerchiamo un motel a Golden.

 

 

Giorno 4

Waterton / Golden (500km)

 

Oggi ci aspetta una tappa lunga: spostamento in BC, passando per il Crownest Pass. Le strade sono in ottime condizioni, guidare è un piacere e i panorami sono sempre diversi e bellissimi. Oltrepassiamo Frank dove la frana del secolo scorso ha lasciato il segno sulla morfologia del paesaggio. Costeggiamo il Columbia Lake e lungo la 95 incontriamo un altro orso. Passeggia tranquillo lungo la strada, si volta incuriosito a guardarci e poi se ne torna nel bosco.

 

 

Arriviamo nel tardo pomeriggio a Golden; l’ufficio turistico è già chiuso ma prendiamo un paio di depliant nella bacheca e ci beviamo una birra mentre facciamo il programma per l’indomani.

 

 

Giorno 5

Glacier Nationa Park (80km)

 

Sveglia all’alba con nuvole  e cielo di nuovo minaccioso. Facciamo una bella colazione sfruttando il mw della camera e via, imbocchiamo la Trans-Canada Hwy in uno dei suoi tratti più maestosi e scenografici. Ci fermiamo al Rogers Pass, praticamente al centro del parco. Il ranger ci sconsiglia i trails in quota per la nevicata in atto e per le nubi basse e ci suggerisce il Balu Pass (12km, disl. 780mt). Negli zaini abbiamo giacche e pantaloni antipioggia, gli scarponcini da trekking sono quelli invernali, quindi si parte. La prima metà del percorso attraversa la rain forest in mezzo a conifere altissime e una distesa di funghi e muschio. La nebbia rende tutto molto magico. Attraversata una radura, dove solitamente gli orsi fanno scorpacciata di lamponi, il sentiero passa sotto alle cascate e ad una pietraia e ed infine, nell’ultimo tratto, percorre un prato alpino dove qualche marmotta ci osserva.

 

 

L’arrivo dopo oltre 3 ore è segnato da un cartello che vieta di proseguire perché l’area successiva è popolata dai coguari (!)  Pranziamo seduti a contemplare la valle sotto di noi, resa ancora più splendida da qualche raggio di sole.

L’aria è frizzante e la neve a pochi metri ci fa riprendere la discesa dopo poco. Anche oggi niente pioggia, evvai!

Rientro a Golden, birretta di aperitivo e cena in camera. Il paese sarebbe anche carino ma parecchi esercizi sono chiusi e non c’è molto da fare.

 

 

Giorno 6

Golden / Yoho National Park (57km)

 

Oggi ci spostiamo a Field, ma purtroppo rinunciamo a provare l’ebbrezza del rafting nel famoso Kicking Horse River perché fa davvero troppo freddo e immaginiamo la temperatura dell’acqua intorno ai 10°: vedremo il fiume, famoso nel mondo per le rapide, solo dalla strada che lo costeggia per arrivare a Yoho N.P.

Appena superato l’ingresso nel parco ci fermiamo al Natural Bridge mentre il cielo diventa sempre più azzurro e il colore dell’acqua contrasta con le pietre scurissime. Le acque del fiume impetuoso, dopo secoli e secoli sono riuscite a erodere le rocce creando questo ponte naturale.

 

 

La tappa successiva è a Emerald Lake, forse, uno dei laghi che mi sono piaciuti maggiormente.

Non sono ancora le 9, ci sono solo alcuni escursionisti che si preparano, le vette circostanti si riflettono nelle acque di un colore smeraldo assolutamente unico e si sentono solo cinguettii. Un luogo magnifico.

Dal parcheggio parte un tracciato che fa il giro del lago: ci piacerebbe farlo, ma vogliamo passare la notte al Takakkaw Falls Campground e dobbiamo ancora capire come funziona e se è aperto.

Quando arriviamo al parcheggio, che è distante qualche centinaio di metri dal campsite, vediamo delle carriole disponibili per trasportare il materiale. Paghiamo tramite il sistema delle buste nella cassetta (18$) e scegliamo una piazzola vicino al fiume che scende direttamente dal ghiacciaio, e con vista sulle cascate. Cosa desiderare di più?

 

 

Montiamo la tenda velocemente, stiviamo le provviste di cibo nella baracca apposita (sistema anti-orso) e scegliamo il trekking di oggi: Twin Falls via Laughing Falls con ritorno via Marble Lake (loop di circa 20km con disl. variabile).

Il primo tratto costeggia lo Yoho River, è facile e molto largo. Al punto in cui il Little Yoho River forma le Laughing Falls il dislivello impenna e il sentiero si fa stretto e fangoso fino al Backcountry Lodge delle Twin Falls. Come al solito, incontriamo non più di una manciata di persone, più un solitario che ha montato la tenda in un backcountry lì vicino. Più numerosi sono certamente i cipmunk che ci saltellano intorno mentre facciamo merenda ammirando le cascate.

 

 

Sulla via del ritorno, che pare infinita, ci sentiamo stanchi ma soddisfatti per questa bellissima camminata di oltre 5 ore.

Non essendoci luce elettrica (il campground ha una concezione spartana, solo due gabinetti a fossa scavata in terra, un lavandino per sciacquare le stoviglie, la baracca per il cibo e i contenitori ermetici per i rifiuti) ceniamo con la luce del tramonto: risotto ai funghi liofilizzato, spinaci in scatola, beef jerky e mele. Niente birre perché vige il divieto di bere nei luoghi pubblici…

Col buio più totale delle montagne, finalmente godiamo di uno spettacolare cielo stellato, preludio di una notte serena e mooolto fredda!

Ci infiliamo nei sacchi a pelo vestiti e col cappello e, un po’ la stanchezza, un po’ il rumore del fiume che scorre, ci addormentiamo subito.

 

 

Giorno 7

Yoho N.P. / Banff  (85km)

 

Ci svegliamo quasi con l’alba, temperatura intorno a 3°e piedi congelati! Colazione rifocillante con cioccolata calda in busta, muffin ai mirtilli e almeno 1 lt di caffè istantaneo bollente. Menù non da Grand Hotel ma location è impagabile, col sole aspetta di esplodere dietro al Monte Niles, e una sensazione di liberta assoluta.

 

 

Mentre aspettiamo che la tenda si asciughi dal ghiaccio notturno andiamo a vedere Takakkaw Fall e passeggiamo lungo il fiume, poi, impacchetata tutta l’attrezzatura, salutiamo questo parco:  il più piccolo delle Rockies ma molto molto affascinante.

La strada verso Banff prevede la più classica delle tappe, Lake Louise, a pochi km da qui.

Forse il più conosciuto tra i laghi della zona, ma per questo, anche tra i più affollati. Il parcheggio è pieno di auto e bus che scaricano gente di continuo. La piazza davanti a quell’orrendo hotel è gremita di turisti ma basta fare qualche decina di metri sul lungolago verso destra che si riescono a fare foto senza che qualche asiatico con il parasole ci passi davanti.

 

 

Ad una 15ina di km c’è anche Morraine Lake ma lo tralasciamo un po’ sdubbiati dall’affollamento e  raggiungiamo Banff per cercare un alloggio: la ricerca on line ha prodotto solo risultati con prezzi assurdamente alti.

Dopo due giorni spartani, ci concediamo un ottimo pranzo all’Earl’s, in centro, e poi passiamo all’Ufficio Turistico dove ci trovano una doppia al YWCA of Banff (274$ per due notti, scontate per essere passati dall’ufficio. Vecchiotto e con le aree comuni (cucina e laundry) maltenute, buona però la posizione).

Sapevamo che Banff era cara e che prenotare con anticipo aveva i suoi vantaggi, ma muovendoci sulla base del meteo, abbiamo corso il rischio. La cittadina è carina, tutto molto curato, bei negozi, molti ristoranti. Ma a me ha fatto un po’ l’effetto di essere artefatta, ad uso e consumo dei millemila turisti che la presidiano.

 

 

Il tempo è ottimo e la temperatura sfiora i 20°;  il pomeriggio poltriamo placidamente tra qualche birra, una passeggiata e la cena da Saltik , indubbiamente una delle migliori steakhouse della città, anche se decisamente cara (140$ in due).

 

 

Giorno 8

Banff

 

Il buono degli ostelli è la possibilità di usare la cucina comune, quindi dopo una super colazione e dopo aver constatato che c’è il sole e fa caldo, scegliamo la meta del nostro hiking di oggi: Jonhston Canyon e Ink Pots (15km, disl. 300)

Per raggiungerlo percorriamo la 1 nella bellissima Bow Valley. E’ sabato e c’è bel tempo: questo fa si che ci sia davvero un sacco di gente che ne vuole approfittare. Il parcheggio è già bello gremito e il primo tratto del tracciato è affollato. Il canyon è molto bello, stretto e profondo; le prime cascate si raggiungono con un percorso su passerelle il che rende appetibile a molti la passeggiata. Noi proseguiamo velocemente sperando che la fatica faccia una scrematura. Ed così è.  Alle Ink Pots ci sono solo una quindicina di persone. Queste pozze sono un fenomeno strano: dal fondo sgorga acqua che muove il sottile strato di sabbia creando cerchi e bolle, come quando si versa l’inchiostro in un bicchiere. Questo rende i colori particolari e dona all’acqua una limpidezza incredibile. E’ la prima volta che siamo in maglietta e bermuda e ci azzardiamo anche a bagnare i piedi nel fiume gelato. Che bella sensazione.

 

 

Il sentiero pare proseguire a monte e noi decidiamo di percorrerlo, anche se non abbiamo con noi la mappa. Il panorama è tra i più belli: il fiume, i ciottoli bianchissimi, un cielo terso, la brughiera che sembra avere i colori del fuoco e i boschi di un verde intenso. Pranziamo in una radura incantata, sempre in compagnia degli scoiattoli attratti dalle nostre mandorle e albicocche secche. Proseguiamo poi fino al Larry’s Camp, un Campgroung sperduto nel bosco, con solo un bagno e le carrucole per stoccare il cibo. Sogniamo pensando a quanto deve essere bello passare una notte qui, a decine di km da tutto, con solo i rumori del bosco e dei suoi abitanti. Ma è ora di tornare indietro, l’intera passeggiata ci ha portato via 5 ore di cammino anche se non troppo impegnativo.

Al rientro in città, ci fermiamo a visitare il Banff Park Museum, uno dei siti storici incluso nel Pass. Si tratta di una collezione originale di animali impagliati che risalgono ai primi del XIX secolo prima ancora che fosse istituito il parco. Più pregevole è sicuramente l’edificio in legno che lo ospita.

Una birra da Elk & Oarsman, pub delizioso su Banff Ave, passeggiata serale e nanna.

 

 

Giorno 9

Banff / Jasper (288km)

 

Ho aspettato questa giornata da quando abbiamo deciso questo viaggio, ho sentito descrivere questa strada come tra le 10 più scenografiche al mondo. Finalmente viaggeremo sulla Icefield Parkway, e per farlo bene, ci siamo imposti di dedicarle tutto il tempo che necessiterà, dovessimo impiegare anche 12 ore.

Imbocchiamo la 93 di primo mattino e facciamo la prima sosta dopo poche decine di km, a Peyto Lake.

 

 

Dopo una brevissima passeggiata, dal fitto degli abeti, si emerge dal bosco con la valle sotto di noi: il colore del lago è così irreale che tutto appare quasi ritoccato. L’effetto della farina di roccia, la polvere che il ghiacciaio trasferisce all’acqua, lo rendono lattiginoso anche se di un celeste indescrivibile.

Purtroppo, anche qui, come a Lake Louise, i bus pieni di turisti asiatici non si contano. Tutti stipati sul ballatoio che consente una vista tra le più belle dell’intera Promenade.

Decidiamo di proseguire oltre, la folla non va d’accordo con questi luoghi, troppa ressa, spintoni e la passerella traballa al punto da far venire mosse le foto!

Riprendiamo la strada, con calma, attraverso scenari maestosi. I colori cambiano e si alternano i profili rocciosi delle vette a boschi fittissimi; i numerosi ghiacciai, poi, sono perle bianche disseminate ovunque.

Verso metà percorso ci fermiamo al più imponente di tutti, il Columbia Glacier. Arriviamo con la macchina fino al parcheggio e poi facciamo a piedi il tragitto che consente di giungere al punto più vicino alla massa ghiacciata. Lungo il tragitto è impressionante constatare il progressivo ritiro dei ghiacci, dall’inizio delle misurazioni ad oggi.

 

 

La strada che ci separa da Jasper prevede altre due tappe: Sunwapta Falls (più piccole ma graziose) e le imponenti Athabasca Falls. Un bel percorso permette, in poco più di mezzora, di aggirare la cascata per vederla da diversi punti di vista e un ranger ha anche allestito un banchino con le corna di molti animali selvatici e da interessanti informazioni sulla fauna in genere.

Da lì, in un baleno siamo a Jasper e cerchiamo subito il B&B di Dale che ho prenotato per due notti qualche giorno prima. Si tratta di una casa deliziosa con un giardino fiabesco, la signora è carinissima e molto disponibile. La camera che ci ha preparato ha il bagno interno e le finestre che danno direttamente sul bosco che è una meraviglia di colori. C’è una vasta selezione di tea e caffè, un mw e un frigo per gli ospiti. Veramente un gioiellino di sistemazione  (B&B Bear Hill Bedrooms, 90$ a notte)

 

 

Visto che siamo in tempo, facciamo un salto alle Tourist Information dove la ranger di turno ci suggerisce il trekking  per l’indomani e approfittiamo della laudry  lì vicino mentre facciamo due passi in paese. Io ho preferito nettamente Jasper a Banff: meno chic, forse, ma con un’anima più genuina, piena di casette da favola con giardini curatissimi. Si gira benissimo a piedi ed è tutto a portata di mano. Ah, da qui parte la famosa linea ferroviaria turistica che collega Jasper a Prince Rupert , in pratica, una crociera su rotaia.

Ci facciamo la solita birretta nel Pub sotto all’Athabasca Hotel e poi facciamo qualche acquisto nel negozio di artigianato dei nativi di questa zona.

 

 

Giorno 10

Jasper

 

E’ nuvoloso e la scelta dell’hiking di oggi è orientata sull’area del Monte Edith Cavell.

La nevicata durante la notte ha imbiancato tutto già da metà strada in poi. Gli zaini sono pronti: pranzo, vestiti di sicurezza, acqua; si parte.

Iniziamo con il Path of Glacier ( 1,6km, moderato) con cui si arriva al laghetto ai piedi del ghiacciaio dove galleggiano piccoli iceberg. E’ abbastanza presto e nel silenzio vediamo diverse marmotte in cerca di qualche raggio di sole.  Da lì, proseguiamo  per il Cavell Meadows Trail (7km, disl. 500mt) che attraversa inizialmente il bosco di foresta subalpina da cui si gode una bella vista sul ghiacciaio. La parte superiore del tracciato prosegue in una zona di tundra che oggi è completamente imbiancata.

 

 

Con qualche difficoltà a trovare il sentiero nella neve fresca, arriviamo in vetta e ci godiamo una super vista a 360° sulla catena che circonda l’area, sul ghiacciaio e sul lago.

Pranzo e cambio maglietta abbastanza veloce vista la temperatura e via in marcia per il ritorno, 3h30 in totale, meno di quanto avevamo preventivato.

Lungo la strada, nonostante abbia ricominciato a nevicare, ci fermiamo a Ametyst Lake nella Tonquin Valley, in uno scenario magico.

 

 

Il silenzio della neve ha ovattato tutto, ci sono solo i cavalli e questo lago imbiancato e con i colori dell’autunno. Facciamo un giro lungo la riva e scattiamo decine di foto, sembra un sogno. A conferma della quiete del posto ci sono decine di impronte di orsi!!

 

 

Giorno 11

Jasper / Clearwater (320km)

 

Ieri sera, dopo aver consultato la meteo, abbiamo deciso di lasciare Jasper dove invece avremmo voluto restare ancora; le previsioni per l’area sono pessime e precluderebbero qualsiasi attività. Salutiamo Dale e imbocchiamo la 16 per passare sotto al Monte Robson, la vetta più alta dell Rockies. A Tete Jaune Cache giriamo sulla Yellowhead, lasciando le Montagne Rocciose per attraversare la regione del Cariboo.

Le montagne sono sempre presenti ma anche le praterie tornano ad essere protagoniste. I numerosi cartelli ci informano che quasi tutti i fiumi sono habitat dei salmoni e che la fauna selvatica è sovrana. Infatti avvistiamo un paio di aquile testa bianca e vediamo diversi cartelli di agenzie che fanno fare tour per la Wild Life.

Verso ora di pranzo siamo a Clearwater, come al solito, nessun paese, ma solo un quadrivio, un benzinaio, un supermarket , qualche negozio e le Tourist Information.

 

 

La ragazza alle Info ci aiuta a scegliere il Campground per i prossimi giorni. Wells Gray è un Provincial Park, e l’organizzazione è un po’ diversa dai N.P. , niente ranger e depliants tecnici ma solo una fotocopia con i sentieri, il tutto abbastanza sommario.

Il Campgroung è all’interno del parco, a 35km da Clearwater e prevede piazzole con riparo per tende e docce. Perfetto, fa al caso nostro  (26,50$ a notte)

Montiamo tutto in pochi minuti e andiamo a fare subito un giro verso le Helmeken Falls, la 4° cascata più alta del Canada. Ed è un gran bello spettacolo: il salto è notevole, da 141 mt e la violenza dell’acqua ha creato una sorta di conca gigantesca dove i flutti ribollono senza sosta. Anche le più piccole Dawson Falls meritano una visita, completamente immerse nel bosco e nella quiete più totale. Qualche altra sosta interessante la facciamo a Red Source Spring e poi fino a termine della strada sterrata, dopo un’ottantina di km, al Clearwater Lake dove ci accoglie una luce meravigliosa.

 

 

Questo parco è completamente diverso da quelli visti finora. La foresta è differente, gli alberi e la vegetazione in genere ricordano più gli Appennini e le pendenze sono più dolci. Indubbiamente è meno famoso dei suoi omologhi, e inspiegabilmente meno frequentato, ma a noi ha regalato bellissime giornate.

La serata prevede una cena a base di salmone selvaggio affumicato, pomodori e bruschette. Infatti, il braciere accanto alla tenda è perfetto e la legna non manca!

 

 

Giorno 12

Wells Gray Provincial Park

 

Il risveglio è tra il tragico e il magico. Appena fuori dalla tenda ci rendiamo conto che il cielo stellato era preludio di una forte gelata. Tutto è ghiacciato, dalle stoviglie al latte! Però l’atmosfera è unica e la foschia ne aumenta l’effetto.

 

Attizziamo nuovamente il fuoco per scaldarci e poi decidiamo il percorso per la camminata.

Optiamo per  Placid Lake (6km, disl. minimo), bella passeggiata davvero poco impegnativa, attraverso boschi ricchi di latifoglie e gigantesche conifere temperate. Il un paio d’ore andiamo e torniamo e approfittiamo anche per salire sulla torre di osservazione in legno, che domina il parco nella sua interezza.

 

Facciamo uno spuntino veloce mentre torniamo giù perché alle 14 abbiamo appuntamento per una cavalcata alla Western Trail Riding c/o  l’Helmken Falls Lodge, vicino al nostro campeggio (3 ore, 90$)  .

I cavalli sono già pronti e dopo qualche minuto di briefing, si parte. Attraverso sentieri nel bosco, a tratti anche belli ripidi, si arriva a Smith Lake e Hogue Old Trappers Cabin, le vecchie baracche di cacciatori di pellicce. La passeggiata dura 3 ore e la parte finale prevede un pittoresco passaggio (per chi non soffre di vertigini!!) sul ciglio del canyon.

 

 

La guida è attenta nel fornire informazioni riguardo il parco e più volte ci fa notare i segni delle unghiate degli orsi sui tronchi delle betulle.

Le ginocchia sono un po’ provate ma la passeggiata è stata piacevole.  Resta il tempo per fare un po’ di provviste e benzina, poi di nuovo cenetta davanti al fuoco con chili in scatola , fagioli e nachos!

 

 

Giorno 13

Clearwater – Whistler (423km)

 

Oggi tappa di avvicinamento alla costa, senza programmi troppo definiti scegliamo di fare la 5 fino a Kamloops dove arriviamo in tempo per uno spuntino e una breve passeggiata in città.

Imbocchiamo la 1 fino a Cache Creek, e qui il panorama cambia di nuovo. Le colline sono quasi secche, sembra più il Texas che il Canada. Siamo nella tratta della famosa corsa all’oro e ogni cosa ce lo ricorda.

 

 

Dopo un caffè in un locale curatissimo nonostante fosse sperduto nel nulla, decidiamo di passare per Whistler invece che andare a sud.

E per fortuna. Abbiamo percorso quella che ho ritenuto una delle strade più belle: la 99.

Il primo tratto fino a Lillooet costeggia il Fraser River Canyon scolpito in millenni di erosione. Il panorama è molto suggestivo. Molti cartelli indicano che stiamo entrando nella zona delle First Nation e Lillooet ne è un po’ la capitale simbolica.

 

 

Appena superata la cittadina ci fermiamo incuriositi a vedere un ponticello di legno con diverse persone sopra: si vedono i salmoni risalire il fiume! Che forza e che determinazione!

Il tratto successivo fino a Pemberton è semplicemente meraviglioso. La strada è deserta e corre in una stretta gola con le pareti ripide da cui ti aspetti spuntare da un momento all’altro una carica di indiani a cavallo. Le piccole soste che facciamo sono molto belle, una su tutte, Duffrey Lake-Tiqkukalap- nella lingua nativa, nel territorio degli L’il Wat con la diga di tronchi ammassati.

E’ pomeriggio ma la fame si fa sentire. Ci fermiamo a Pemberton, cittadina deliziosa  dove la Lonely indica una distilleria da visitare. Purtroppo è già chiusa ma approfittiamo per mangiare da Pony, un pub molto accogliente dove ceniamo con soddisfazione anche grazie alle ottime birre locali.

 

 

Tra un boccale e l’altro cerchiamo un alloggio a Whistler che dista poche decine di km e, sotto una pioggia battente, per le dieci siamo a nanna in quello che ritengo essere uno degli ostelli migliori mai visitati (Hi Wistler Hostel, 104$)

 

 

Giorno 14

Whistler / Nanaimo (102km + traghetto)

 

Sveglia con nuvole e pioggia e le previsioni dicono che su Vancouver Island ci sarà il passaggio di una perturbazione. Arggggg

Ci prepariamo una mega colazione nella funzionalissima cucina dell’ostello e poi, dopo un centinaio di km siamo a West Vancouver (Horseshoe Bay) per imbarcarci. Troviamo con un po’ di difficoltà la via per l’imbarco ma purtroppo non abbiamo calcolato che è venerdì e una folla assurda viaggia alla volta dell’isola.

Conclusione: ci mettiamo in coda alle 14 e riusciamo a salire solo sul traghetto delle 17!!! Per fortuna, ad un certo punto viene data la possibilità di lasciare l’auto in coda e possiamo andare alla Marina dove pranziamo velocemente da Troller, con delle ottime cozze della costa e del fish and chips.

 

 

La traversata dura 1h30 e sempre sotto la pioggerellina, sbarchiamo a Nanaimo dove oltre ad una breve passeggiata nel quartiere vecchio non riusciamo a fare. Troviamo da dormire in un mediocre motel e buonanotte.

 

 

Giorno 15

Nanaimo / Uclulet  (182km)

 

Sveglia, colazione, spesa da Walmart e via verso nord. Direzione Morning Farm dove visitiamo la fattoria, facciamo qualche degustazione  e compriamo vino e formaggi deliziosi. E’ poi la volta del Coombs Old Market . Anche se un poco turistico, questo market offre di tutto e poi le capre sul tetto sono troppo buffe!

 

 

Ci fermiamo per un pic-nic vicino a Horne Lake e poi dedichiamo un’oretta a camminare a Cathedral Grove dove l’antica foresta ci lascia letteralmente senza fiato. Gli abeti secolari sono immensi e l’area si gira benissimo tramite delle passerelle dove sono dislocati molti pannelli esplicativi su specie e tipo di alberi.

A Port Alberni ci fermiamo alle Tourist Information dove ci viene consigliato di fare una deviazione per andare a vedere i salmoni che proprio in questo periodo sono particolarmente numerosi.

Una decina di km sulla Beaver Creek Rd e siamo al Stamps Falls Provincial Park e ci congratuliamo per aver dato ascolto al ragazzo. Il fiume brulica letteralmente di salmoni  che arrivano fin sotto alla cascata e poi tentano di superarla attraverso dei guizzi potenti. E’ stata istallata una videocamera sott’acqua che riprende i pesci nel momento in cui si incanalano e lungo tutto il sentiero ci sono i pannelli che spiegano le differenze tra le varie specie. Adesso siamo nel periodo dei Chinook . Restiamo affascinati da questo spettacolo per più di un’ora, è davvero una cosa unica e merita assolutamente una deviazione nel caso si passi di lì.

 

Riprendiamo la strada un po’ a malincuore, è stato davvero divertente e interessante. Destinazione costa oceanica, Uclulet.

Purtroppo non possiamo goderci a dovere  la strada che taglia l’isola;  piove a dirotto e le nuvole sono ad altezza uomo.

Arriviamo  Uclulet tardi, in tempo per una buona cena al Cedar Grill ma il week end ha saturato le strutture e dopo una mezz’ora di ricerca, stanchi e un po’ demoralizzati, ci mettiamo a dormire in auto, vicino ad altri disgraziati come noi!

 

 

Giorno 16

Uclulet  / Campbel River  (245km)

 

Ha piovuto tutta la notte e al risveglio, non proprio comodissimo, va anche peggio: diluvia!

Ci consoliamo con una ricca colazione in paese e poi sfidiamo il meteo e andiamo a vedere il faro. Infine ci dirigiamo verso il Pacific Rim National Park.

Parcheggiamo a Long Beach e ci vestiamo antipioggia per affrontare le intemperie. La spiaggia è indubbiamente affascinante nonostante questo tempo. Ci siamo noi e altri 4 matti infagottati, a camminare lungo l’oceano, tra i tronchi ammassati dalle mareggiate, le conchiglie giganti e quelle strane alghe.

 

 

La pioggia diventa tempesta e dobbiamo abbandonare l’idea di fare un po’ di hiking. Decidiamo di anticipare le tappe e salire a nord dove il tempo pare migliore. Infatti, come attraversiamo il passo a metà dell’isola, il cielo si rasserena.

Scegliamo di fare la Ocean Route (la 19A) sicuramente più lenta della 19 ma senza dubbio più scenografica. La strada corre quasi tutto lungo la costa orientale, attraversa paesini e zone di villeggiatura, piccole riserve e porticcioli.

Ci fermiamo alcune volte, lasciandoci ispirare da quello che ci attrae. E in serata arriviamo a Campbell River insieme ad un bellissimo cielo reso rosa dal tramonto. Ci fermiamo appena fuori dal centro al Vista del Mar Motel (83$, camere semplici con kitchenette)

 

 

Una cena tranquilla, una passeggiata sul pier dei pescatori per vedere le foche e i leoni marini e poi una proficua chiacchierata con la padrona del motel che ci da un paio di dritte per il giorno successivo.

 

 

Giorno 17

Campbell River / Strathcona Provincial Park (60 km circa)

 

Il sole , il cielo azzurro e la piacevolissima temperatura ci mettono di buon umore. Lasciamo il motel e ci dirigiamo verso Elk Falls P.P. sulla 28.  La signora di ieri ci ha suggerito di non perderci un posto dove solitamente gli orsi vanno a pesca , quindi imbocchiamo Quinsam Rd, vicino al fiume e seguiamo le indicazioni per la Fish Hatchery. Si tratta di un allevamento di pesce in un’area boschiva dove i salmoni, numerosissimi, risalgono un piccolo fiume; la diga dell’allevamento offre così agli orsi la possibilità di pescare i salmoni.

Quando arriviamo ce ne sono due intenti a fare scorpacciata. Sono attentissimi nello scegliere la preda, tenendo il muso a pelo dell’acqua e in un attimo afferrano il pesce e azzannano il dorso.

Restiamo a guardarli un’oretta, poi ci spostiamo di una decina di km per cercare il Suspension Bridge inaugurato da poco, all’interno del parco.

E’ lungo alcune decina di metri e passa sopra al canyon e alle cascate. Carino ma chissà perché ci aspettavamo qualcosa di più emozionante.

 

 

Riprendiamo la strada verso l’interno, ci aspetta il parco più grande dell’isola. Facciamo un pic-nic all’ingresso del parco, in una delle numerose aree attrezzate con tavoli e panche. La signorina alle Tourist Info a Campbell ci ha fornito una mappa del parco, con qualche campgroung e diversi tracciati da fare a piedi. Sceglaimo il Campsite Ralph River (20$ a piazzola), quasi alla punta estrema del Buttle Lake: spartano come al solito, quindi solo braciere per bbq e bagni senza sciacquone. L’acqua disponibile è quella di un pozzo a mano.

Ed è praticamente deserto, solo altre due tende dalla parte opposta e basta. Un paradiso. Montiamo la tenda, facciamo un po’ di legna (scopriremo solo dopo che era vitatissimo raccogliere legna a terra!) e poi esploriamo i dintorni.

Il lago è artificiale e sulle rive, i tronchi tagliati alla base hanno un che di spettrale. Nel fango è pieno di impronte di animali, ci divertiamo a interpretarle.

 

 

Prendiamo l’auto per proseguire fino al termine della strada che termina con una cava. Verso le 6 ci facciamo trovare alla tenda perché è l’orario in cui passa il ranger per registrare gli arrivi. Ci suggerisce di provare a fare degli appostamenti lungo le praterie lacustri al tramonto perché la sera prima ha visto una decina di renne al pascolo.

Emozionati come i bimbi, ci prepariamo con cannocchiale e fotocamere e ci appostiamo per quasi un’ora ma nulla. Le impronte sono numerose, è vero, e se ne intuisce il percorso, ma forse, disturbate, le renne latitano.

Ci consoliamo con una cena nel bosco: crema di funghi liofilizzata, salsicce e fagiolini in scatola. Il buio, qui, assume una connotazione nuova quando spegniamo le torce e vediamo il cielo stellato.

 

 

Giorno 18

Strathcona P.P. / Telegraph Cove (260km)

 

Notte in tenda perfetta, yeeee. Facciamo colazione tra i boschi con un picchio blu che ci saltella intorno.

Ci incamminiamo su due sentieri vicino al campsite: Wild Ginger  e Shepherd  Creek, due tracce carine, di un’oretta circa. Ripieghiamo tutta l’attrezzatura e in breve siamo già sulla strada, superato Campbell River, direzione Telegraph Cove.

 

 

La 19 corre lungo il mare nel primo tratto, ed è utilizzata dai truck che portano legname al mare. Poi, tra i monti, superando bellissime aree verdi, si arriva a quel gioiello che è Telegraph Cove.

Una manciata di case in legno, su palafitta, un pub, un caffè, uno store, e un piccolo museo. Stop.

Sembra che il tempo si sia fermato. Piove, di una pioggia che non da fastidio ma contribuisce ad aumentare il fascino di questo luogo così diverso.

 

 

Troviamo posto per la notte al Telegraph Cove Resort ( 170$) La camera ha una cucina attrezzata, affaccia direttamente sul molo, sembra la casetta delle bambole. Niente tv, wifi praticamente inesistente, qualche libro a disposizione e una finestra che guarda il mare.

Prenotiamo subito l’escursione per vedere le balene con Stubbs Island Whale Watching (99£, uscita in barca di 3 ore) di cui ho letto ottime recensioni, e ci facciamo una birra, tanto per assaggiare anche quelle di qui!

 

 

Giorno 19

Telegraph Cove / Campbell River  (201km)

 

La mattina facciamo una passeggiata nei dintorni del paesino, poi, dopo il check-out della camera, testiamo l’ottima cucina del Killer Whale Cafè mentre aspettiamo che apra il museo e constatiamo che diverse attività chiudono con la fine di agosto o modificano drasticamente gli orari.

Alle 14 siamo pronti per salpare, il capitano  è molto preparato (è un ex guardia costiera canadese) e ci da diverse informazioni sull’area di mare dove navigheremo. Con lui c’è una ragazza che studia biologia marina e che si occupa delle informazioni riguardanti la fauna. Dopo poche decine di minuti che abbiamo salpato ecco le prime balene. Ne avvisteremo 7 diverse e ogni volta, la biologa ci spiegherà quali tratti le hanno fatto capire di quale esemplare si trattasse.

 

Alcune le vediamo anche vicino alla barca, nonostante il capitano sia attentissimo a mantenere la distanza di sicurezza. Un po’ l’emozione, un po’ l’attrezzatura non eccelsa, le balene  non sono facili di fotografare, e dopo un po’ decido di riporre la fotocamera per gustarmi dal vivo i loro sbuffi e i salti.

Riusciamo anche a vedere diverse Bald Eagles mentre pescano, volando maestose sul mare o appollaiate sugli abeti mentre sorvegliano il nido.

Le orche latitano, purtroppo trattandosi di animali liberi, non si ha mai la certezza di cosa vedremo. In compenso, l’arcipelago è veramente un gran bello spettacolo, e su alcune isole vediamo due colonie di leoni marini giganti, spalmati sulle rocce che paiono essere parecchio felici.

Il cielo è rimasto grigio tutto il tempo ma la pioggia ci ha risparmiati. Torniamo in orario al pontile, da dove ripartiamo alla volta di Campbell River, dove arriviamo in tempo per farci suggerire un buon ristorante di pesce dalla solita signora del solito motel.

Ostriche locali, salmone selvaggio e halibut, pane fresco, servizio eccellente. Il tutto con ottimo vino della zona di Victoria e un dessert memorabile ai berries. L’Harbour Grill, anche se caruccio, ha conquistato le nostre papille.

 

 

Giorno 20

Campbell River / Victoria  (265km)

 

Ci mettiamo in marcia di buon ora, i km sono tanti e scegliaimo di fare la 19 al posto della Ocean Route. A metà giornata facciamo tappa a Duncan nel pieno della Cowichan Valley: si tratta di una regione diversissima dal nord, le colline sono piene di fattorie, cantine e allevamenti. E Duncan ci piace subito perché è piena di totem, bellissimi e colorati. Ci fermiamo al Quw’utsun Cultural & Conference Centre, dove scopriamo si sta svolgendo una conferenza sulle First Nations. Girottoliamo un po’ facendo mille foto ai totem e ai partecipanti in abiti tradizionali. Speravamo di pranzare al ristorante interno dove vengono  servite specialità della cucina nativa, ma è chiuso da metà settembre…

La seconda scelta ricade su Craig Street Brew Pub, che ho letto sulla guida essere un birrificio artigianale dove assaggiare una buona cucina casalinga, oltre alle birre! :-D

 

 

E infatti ci saziamo con piatti deliziosi e originali e una birra non filtrata assolutamente eccezionale.

Da lì a Victoria la strada è breve ma trafficata. Abituati agli standard di traffico delle aree montane, è dura ricominciare con semafori, ingorghi, code.

Ci sistemiamo al Howard Johnson, anonimo motel un po’ fuori dal centro, poi giusto il tempo di fare un po’ di spesa e cenare.

 

 

Giorno 21

Victoria

 

Nuvoloso anche oggi, maremma grigia! Ci prepariamo e cerchiamo un parcheggio in centro dove lasciare la macchina tutto il giorno senza spendere 20$! Troviamo una soluzione non lontano da Chinatown e da lì cominciamo a girare. Il quartiere è piccolo e delizioso, oltre alle vie principali giriamo in qualche minuscolo vicolo pieno di botteghe artigianali. La più antica chinatown del Canada ci porta via un’oretta. Proseguiamo lungo Governement St, piena di negozi e palazzi eleganti e facciamo qualche acquisto (i prezzi ci sembrano molto più convenienti che altrove, specie per i souvenir).

 

 

Ogni tanto andiamo a zig zag per fare anche Whart St, lungo il mare e con l’occasione assaggiamo il famoso sandwich  di salmone al Red Fish Blue Fish. Il baracchino ha già una decina di persone in fila e al nostro turno ordiniamo e aspettiamo che il ragazzo di consegni due sleppe di panini fatte con pane ciabatta buono buono, farciti come se non ci fosse un domani e ce li gustiamo sugli sgabelli davanti al molo.

Cucinano tutto espresso e con materie prime sostenibili , quindi promossi a pieni voti!

 

 

La passeggiata prosegue verso il Faimont Empress Hotel, superando il Royal BC Museum e il palazzo del Parlamento. Arriviamo così al Fisherman’s Wharf, decisamente turistico ma carino. Ci piace guardare queste casette galleggianti originali ed eclettiche, e siccome c’è tornata fame, ci facciamo una clam chowder e delle ostriche al baracchino li davanti.

Cammina cammina facciamo il giro della penisola, passando per Holland Point Park da cui si vede la costa statunitense e arriviamo a Beacon Hill Park, il fiore all’occhiello della città.

 

 

Nonostante sia autunno, è ricolmo di fiori, le aiuole sono curatissime e i laghetti meravigliosi.

E’ pomeriggio e risaliamo verso la macchina sulla Douglas St. Totale 15 km fatti a piedi. Serve un riposino e ci beviamo una cioccolata calda in un piccolissimo ma delizioso caffè in Pandora St e ci immettiamo nel traffico caotico del pomeriggio.

Sulla mappa che ho preso al motel, mi aveva catturata l’immagine di un faro bellissimo, quindi, prima di cena andiamo a cercarlo. Si tratta del Fisgard Lighthouse che si trova al Fort Rodd, ad una 15ina di km dalla città. Ovviamente, vista l’ora, il sito è chiuso, ma oltrepassandolo di alcuni km, si aggira la penisola e si riesce a vederlo comunque facendo una passeggiata lungo il mare.

 

 

Sulla via del ritorno ci fermiamo per una birretta al Six Mile, che si fregia di essere il più antico pub della città. L’ambiente è tipico e oggi è particolarmente affollato perché è venerdì sera. Assaggiamo una Blanche de Chambly artigianale, davvero buona,  insieme a delle scottish eggs .

E’ proprio vero, Victoria è un pezzo di vecchia Europa nel nuovo Mondo!

 

 

Giorno 22

Victoria / Vancouver (115km + traghetto)

 

Sveglia presto per arrivare al traghetto. Perdiamo una mezzora buona alla reception perché ci viene fatturata una cifra più alta di quello che era stato detto all’arrivo. Crediamo alla buona fede dell’impiegato, che si scusa e poi facciamo i 25km che ci separano dall’imbarco (Swartz Bay) in pochissimo tempo. Alle 8.45 ci mettiamo in coda e alle 9 salpiamo. La traversata è molto bella, tra una marea di isole e fiordi, col riflesso del sole sull’acqua e una temperatura gradevolissima.

In perfetto orario sbarchiamo a Tsawwassen, e in poco tempo, attraversando Delta e Richmond, siamo al motel sulla Main St (City Centre Motor Motel, 90$ a notte) Siamo appena fuori downtown ma a poche decine di metri c’è lo Skitrain. Pranziamo molto bene al Cafè Nuba, un locale libanese lì vicino e poi andiamo all’appuntamento per riconsegnare la macchina in downtown.

Pratica sbrigata velocemente, personale efficiente e cortese, servizio ottimo. La nostra esperienza con Thrifty è quindi più che positiva.

A piedi raggiungiamo il waterfront, vediamo Canada Place con le sue vele bianche, Jack Pole Plaza e il Vancouver Lookout altissimo.

 

 

La città è la classica metropoli nord americana ma con una dimensione piacevole e con aspetti architettonici meno monotoni. Il Coral Seawalk verso Stanley Park è affollato di gente che passeggia, fa attività o semplicemente si gode il sole. In cielo è un viavai di idrovolanti che fanno servizio taxi verso Vancouver Is.

Anche le strade interne hanno scorci accattivanti con il Marine Building o la Grandville Station.

Sempre a piedi ci facciamo una gran parte di Seymour St, tra locali, ristoranti e negozietti. E’ sabato e la frenesia è palpabile, c’è davvero un sacco di gente e l’atmosfera è allegra. Ci facciamo ispirare da Fish Shack, un locale che fa pesce a prezzi scontati per l’happy hours e ci facciamo una bella mangiata di ostriche, fish poutine e tacos di pesce ad un buon prezzo.

 

 

Poi, per aiutare la digestione, ci incamminiamo verso il motel perché è una bella serata calda, c’è una fantastica luna rossa gigante e vogliamo vedere gli stadi.

Il BC Stadium e la Rogers Arena sono illuminati a giorno, credo stiano ospitando una partita o qualche concerto; noi,  in meno di un’ora siamo in camera. Il quartiere non è centrale ma ci è sembrato comunque tranquillo.

 

 

Giorno 23

Vancouver

 

Abbiamo programmato di passare la giornata a Stanley Park, quindi quando vediamo che c’è un gran bel sole, esultiamo!

Instancabili camminatori quali siamo, decidiamo di andare a piedi per poter esplorare il lungomare sud di downtown. Passiamo davanti al Science World che ha già una coda interminabile in attesa dell’apertura per l’anniversario. Il seawalk è molto curato, con un’attenzione maniacale all’ordine, alle corsie dedicate, alla segnaletica. Impieghiamo quasi un’ora per arrivare al limite del parco ed è quasi mezzogiorno, orario perfetto per il brunch!

 

 

Da Milestone ci deliziamo con dei memorabili english muffin, uova e salmone affumicato.

Ora possiamo riprendere il giro. Entriamo in quello che è stato spesso definito il più bel parco del nord America e che in questa stagione si colora di tinte calde e accese.

Lo attraversiamo trasversalmente per raggiungere l’Acquario dove passiamo un paio di ore.

 

 

Da lì, poi riprendiamo il giro esterno a nord, verso il Totem Pole e oltrepassando il Lions Gate Bridge e la English Bay beach e completando così, il giro completo che misura 9km. Uscendo dal parco attraversiamo il West End, il quartiere più frikkettone, con belle palazzine d’epoca e molti locali da cui esce musica e profumo di buon cibo.

Ceniamo sempre in zona Grandville, passiamo a veder da fuori la Public Library la cui architettura ricorda il Colosseo, e ci godiamo un tramonto che tinge di rosa le vetrate dei molti grattacieli.

 

 

 

Giorno 24

Vancouver

 

L’ultimo giorno in città è dedicato al Granville Island Public Market, appunto, su Granville Island. Lo raggiungiamo sempre a piedi, stavolta facendo il seawalk del quartiere Kitsilano.

Case basse, in legno, piccoli parchi, orti gestiti dai residenti, istallazioni artistiche eclettiche, Kit ha un carattere diverso da tutti gli altri angoli della città che abbiamo visto finora.

Mentre la passeggiata ci regala uno splendido colpo d’occhio sulla downtown, arriviamo al mercato coperto, dove è piacevole girare assaggiando un po’ tutto.

 

 

Medaglia d’oro degli assaggi? Senza dubbio al candy salmon jerky, leggermente piccante ma con una nota dolce e poi dei meravigliosi frutti di bosco.

Il resto dell’isola è un insieme di negozi, botteghe, laboratori che vediamo velocemente mentre ci spostiamo verso Chinatown.  Per raggiungere downtown usiamo il taxi boat, minuscoli gusci di noce colorati che fanno la spola tra le sponde.

Oltrepassiamo il Millennium Gate, facciamo un giro senza meta tra i mille negozi e ristoranti cinesi ma paragonandola alla chinatown di Victoria, ci colpisce meno.

Ci spostiamo di pochi isolati per vedere Gastown ma restiamo un po’ sconcertati dal numero dei senzatetto e dei mercatini improvvisati.

 

 

Gli homeless si vedono in tutta la città ma qui sono tantissimi e mi tornano in mente diversi commenti letti sui siti di prenotazione riguardo gli hotel della zona.

Comunque, Gastown è un quartiere delizioso, tra edifici col fascino del tempo e marciapiedi  a ciottoli rossi. Facciamo la sosta di rito all’Orologio a Vapore nel momento dello sbuffo, salutiamo la statua di Gassy Jack, che omaggia i piaceri del bere e giriamo per le gradevoli vie piene di negozi e ristoranti.

Sempre passeggiando, torniamo verso Main St e una volta sistemati i bagagli, esploriamo la parte sud, verso la 18th Ave. C’è una zona commerciale molto vivace, un sacco di botteghe un po’ alternative e qualche galleria d’arte.

Ceniamo da Burgo, un locale piccolino ma molto curato e che consiglio vivamente: fa cucina fusion e ha, come sempre, una buona selezione di birre artigianali della città.

 

 

Giorno 25

Vancouver/Roma

 

E’ ora di partire. Facciamo chiamare un taxi per le 8.30, che in mezzora, ci porta all’aeroporto attraversando un altro pezzo di città che non avevamo visto.

Sbrighiamo le formalità di immigrazione negli Usa direttamente qui in aeroporto e poi iniziamo un lungo rientro che ci farà fare tappa a Seattle e a Francoforte, per atterrare la mattina dopo a Fiumicino.

 

 

 

 

INFO PRATICHE

*Con una buona carta stradale si gira perfettamente anche senza navigatore. All’interno dei centri urbani è sufficiente google map sullo smartphone.

*Noi abbiamo comprato una sim della Rogers per la connessione dati (65$, 1 giga, valida 1 mese) Il wifi è presente in molti punti (ristoranti, hotel, tourist information ecc)

Nelle zone montane più remote, però, la connessione è spesso assente.

*Come guida abbiamo usato la Lonely Planet  (Canada Occidentale, aggiornata al 2014) Buona come sempre, precisa nei suggerimenti

*Abbiamo monitorato il meteo attraverso questo sito

weather.gc.ca

 

 

 

 

 

 

 

 


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