Ultima parte per modo di dire, infatti siamo all’incirca a metà del percorso stabilito.
Ci lasciamo alle spalle le verdi piantagioni da tè di Phongsali e scendiamo verso valle. Dopo 40 Km svoltiamo in direzione di Boun Neua, più che un villaggio mi sembra una stazione di autobus.
Buone nuove per chi volesse raggiungere con un comodo volo Phongsali.
Qui a Boun Neua è stato aperto un minuscolo aeroporto, se così vogliamo definirlo, niente lounge, ma in compenso ci sono le sedie in plastica verde e un casotto che vende Beerlao, a lato della pista c’è un capanno che funge da torre di controllo che sembra quasi vera. Insomma, sto parlando del Phongsali International Airport, che dovrebbe servire a collegare questa parte del Laos con la Cina e soprattutto con Ventiane, diciamo un paio di volte la settimana.
Peccato che non ci sia traccia di un aereo, ci viene riferito che la frequenza dei voli è sospesa a tempo indeterminato, vale a dire quando c’è…c’è… se gli pare.
Maggiori info sull’evoluzione della specie possono essere raccolte presso il Viphaphone No Palace Hotel in Phongsali o alla Lao Airlines, sempre che vi rispondono.
Boun Neua – Ban Souanteng
Verso lo Yunnan
Questa tappa si svolge risalendo il Nam Ou River essenza vitale di questa parte del Paese. Come ho descritto nel precedente post, riassumendo, ci sono due modi per effettuare questo tragitto, ovvero risalendo e scendendo la valle via fiume, oppure come nel nostro caso via strada seguendo la sola pista segnata. Si tratta di immaginare un solco di terra creato ad arte che attraversa una foresta quasi vergine, dico quasi, poiché per costruire questo varco lungo ben 140 Km, sono stati abbattuti migliaia di alberi al fine di collegare il Laos con la Cina.
Da segnalare che al momento questa frontiera può essere oltrepassata solo da cittadini laotiani e cinesi.
Lasciamoci alle spalle tutto quello che sappiamo sulla civiltà e partiamo.
Seguendo la pista che si interfaccia con il fiume incontriamo tantissimi Ban, sono piccoli agglomerati di dignitose capanne che sorgono tanto sulle rive del Nam Ou quanto sulle colline e sono abitate da etnie diverse, le famose Hilltribes che con cognizione di causa conierei anche Rivertribes.
Il Nam Ou scorre da Nord a Sud per circa 450 Km prima di confluire nel Mekong, il nostro itinerario si snoda fra montagne, canyon, foreste e vallate boscose attraverso uno degli ultimi ecosistemi naturali ancora intatti del Paese, più che ci si spinge a Nord e più questo ecosistema ci appare spettacolare.
Considerato che non riesco a descrivere in modo soddisfacente la bellezza di questi luoghi mi limiterò soltanto a non sprecare qualche aggettivo, come incomparabile e indimenticabile.
Con il senno di poi, avrei senz’altro parcheggiato la moto a Boun Neua o in qualche altro posto e organizzato questa gitarella interamente via fiume, servirà da esperienza per la prossima volta, oppure come consiglio a qualche viaggiatore strano interessato.
Bene, come i turisti raggiungono Capo Nord con il solo scopo di farsi immortalare nel piazzale di arrivo osservando il fenomeno del sole di mezzanotte, noi ugualmente a Seochai, ultimo capanneto laotiano prima della linea del traguardo, scattiamo le foto ricordo del nulla.
Non possiamo avvicinarci più di tanto, i gesti dei militari sono eloquenti, si rende necessario darsela a gambe levate e ripiegare sui nostri passi per la stessa via, questa volta verso Sud.
Prossima tappa Pak Nam Noy -Muang La -Pak Mong – Nong Khiaw
In questo tratto incontriamo numerosi agglomerati abitati dal’etnia Akkha, certo il territorio non ha nulla a che vedere con quello in precedenza descritto.
Siamo adesso a Muang La, abbastanza carina e civilizzata è sita in un ansa del Nam Pak River dove è recentemente sorto anche un lodge di lusso, altre sistemazioni e alcuni ristoranti sono disponibili per chi volesse trattenersi.
In questo caso si può usufruire delle sorgenti naturali di acqua calda ed è questa l’attività principale alla quale possiamo guardare dopo una giornata o qualche ora dedicata al trekking.
Pak Mong al contrario è un posto deludente dove non vale la pena di soffermarsi, poco più un incrocio dove troviamo una utile pompa di benzina e qualche negozio con improbabili Guesthouse annesse.
Riposo a Nong Khiaw
L’ abitato si sviluppa su entrambe le rive del fiume Nam Ou. Ci sono alcune motivazioni per fermarsi in questo angolo sperduto del Laos; la prima per riposarsi da un lungo viaggio, la seconda per esplorare i dintorni popolati dalla comunità Hmong e naturalmente per effettuare escursioni fluviali.
Causa la vicinanza da Luang Prabang, da dove partono frequenti gite organizzate, Nong Khiaw sta divenendo sempre più una meta di approccio turistico.
La destinazione può essere facilmente raggiunta in tre ore di auto. Nel villaggio ci sono Guesthouse, ristoranti per lo più dislocati lungo le rive del fiume, un operatore turistico e da non sottovalutare l’energia elettrica 24 ore. Un discreto numero di viaggiatori passano o prendono qui base soprattutto per poi risalire il fiume verso Muang Ngoi, Hat Sa fino Muang Khua.
Per chi fosse a Luang Prabang e cercasse un approccio facile con la natura selvaggia del Laos consiglio di visitare il tratto compreso fra Muang Ngoi e Hat Sa, qui il Nam Ou offre scenari molto suggestivi.
Per noi sarà l’ultima volta che attraverseremo questo fiume, poiché la prossima tirata ci condurrà al Parco Nazionale Phou Louey, lungo la via che porta in Vietnam.
Riferimento il campo base a Muang Hiam
Siamo arrivati fin qui principalmente per effettuare un Safari notturno solcando il fiume Nam Nern.
Partenza dopo il tramonto, scivoliamo sulle acque a bordo di una long tail a motore spento illuminati da una piccola torcia, il tragitto dura diverse ore, riusciamo a individuare dei cervi e altra fauna selvatica, ma non le tigri. Questa volta il motivo addotto è che le Grrr non si avvicinano alle sponde del fiume.
L’escursione termina in un eco lodge essenziale nella foresta con canti balli e racconti da parte delle guide. Ho visto di meglio, direi comunque che ne è valsa la pena, non fosse altro per la particolarità del contesto e nondimeno perché ho appreso che i proventi derivanti dall’attività del parco concorrono in parte al mantenimento dell’ecosistema e in parte vengono equamente divisi fra le varie etnie presenti che lo gestiscono.
Muang Hiam – Phonsavan Km 200 senza soste, salvo Beerlao e conseguente scarico del serbatoio.
Percorso stretto e tortuoso ma privo di particolari difficoltà, siamo oramai nel cuore del Laos civilizzato e tanto per confermarlo prendiamo alloggio in uno dei migliori hotel della città, trattasi di un 3 stelle che sul momento non possiamo che apprezzare per i servizi in camera.
Abbiamo scelto di albergare a Phonsavan con lo scopo di visitare la Piana delle Giare, per poi recarci senza ulteriori indugi all’aeroporto di Luang Prabang.
La Piana Delle Giare è dislocata a Sud della città dove si trovano diversi siti archeologici.
In pratica nelle vallate pur mutando il paesaggio la sostanza non cambia, le giare (grandi vasi di pietra alcuni di 2-3 mt di diametro da ricondurre a riti funerari antichi) sono disseminate ovunque.
Arrivare al primo sito non presenta problemi, mentre proseguendo ancora a Sud per visitarne altri, la strada diventa sempre più accidentata.
Quello che mi ha colpito, più che le antiche giare, sono stati i segni di avvenimenti più recenti quali i crateri causati dalle bombe americane e le trincee ancora visibili.
Siamo giunti alla fine di questo viaggio, non resta altro che il tragitto verso l’aeroporto di Luang Prabang, consegnare la moto e volare su Bangkok dove abbiamo uno stop over sempre gradito e a seguire un altro volo su Roma via Doha.